Amuleti del tempo. Tracce di una proto-scrittura sui canini di cervo

Amuleti del tempo. Tracce di una proto-scrittura sui canini di cervo
Alcuni canini atrofici di cervo rosso che presentano incisioni dalla sepoltura di Saint-Germain-la-Rivière (ph. D. von Petzinger, Collezione Museo Nazionale della Preistoria di Les Eyzies de Tayac in Francia)

di Alessandra de Nardis ed Elvira Visciola

Nel 2020, sulle pagine di Preistoria in Italia veniva pubblicato un breve articolo, “Una collana di denti di cervo di 16.000 anni fa”, su un particolare oggetto rivenuto in una sepoltura scoperta nel 1934 nella Francia sud-occidentale, a Saint-Germain-La-Rivière, datata al Medio Magdaleniano, ossia 15.780 ± 200 anni fa.
La sepoltura in questione si distingueva per la ricchezza del corredo funerario associato allo scheletro di una donna sulla trentina e tra i vari oggetti rinvenuti spiccava una collana composta da 72 canini di cervo rosso, appartenenti ad un numero stimato di circa 66 esemplari distinti in un numero minimo di 58 maschi e 8 femmine; la ricerca ha inoltre consentito di appurare che erano denti di giovani esemplari, pertanto sicuramente erano stati selezionati tra i canini migliori (vedi punto 20 M. Vanhaeren e F. D’Errico, 2003).

A sinistra la sepoltura della Signora di Saint-Germain-la-Rivière esposta al Museo Nazionale della Preistoria di Les Eyzies de Tayac, in alto il rilievo grafico ed in basso in una foto all’epoca del ritrovamento; a destra i 72 canini di cervo (ph. M. Vanhaeren e F. d’Errico, 2003)

Il ricco corredo funerario descritto minuziosamente in uno studio da Marian Vanhaeren e Francesco d’Errico e pubblicato su Paleo nel 2003 fu portato come prova dell’origine delle disuguaglianze sociali già dal paleolitico e con più di una motivazione. I due studiosi riferiscono: “… L’analisi archeozoologica e tecnologica dei corredi funerari associati alla sepoltura di Saint-Germain-la-Rivière (15.570 ± 200 BP) e il loro confronto con ornamenti e assemblaggi faunistici provenienti da siti e sepolture magdaleniani coevi rivelano il carattere eccezionale di questa inumazione. Il gran numero di canini perforati di cervo rosso e la preferenza per i denti di cervo giovane contrastano con la virtuale assenza di cervo rosso negli assemblaggi faunistici della Francia sudoccidentale datati allo stesso periodo della sepoltura. La rarità e la probabile origine esotica di questi denti, l’esiguo numero di canini accoppiati e l’omogeneità tecnologica e morfologica della collezione suggeriscono che i denti fossero ottenuti attraverso il commercio a lunga distanza e rappresentassero oggetti di prestigio. Come osservato in numerose popolazioni di cacciatori-raccoglitori e contrariamente al presunto carattere egualitario delle società del Paleolitico superiore, questi elementi potrebbero aver materializzato l’integrazione di questo individuo (sic! Individuo femminile) in un gruppo sociale privilegiato … I risultati suggeriscono che l’applicazione dell’approccio integrato seguito in questo studio al resto delle sepolture del Paleolitico superiore potrebbe essere utile per identificare altre società in cui gli oggetti di prestigio rappresentavano l’espressione tangibile della disuguaglianza sociale…” (in M. Vanhaeren e F. d’Errico – 2003). Soffermandoci sui canini di cervo che sono ben descritti nel loro studio, è facile notare che alcuni di essi presentano segni che non lasciano dubbi sul fatto che furono realizzati di proposito e con specifica funzione. I denti, forati per essere usati come perline, presentano infatti 32 grafemi (con il termine grafema si intende qui il segno elementare e non ulteriormente suddivisibile che costituisce l’unità minima di un sistema di scrittura) differenti con tracce di ocra rossa nella scalfittura; questi oggetti così decorati li ritroviamo spesso in molte sepolture presenti anche in territorio italiano e tutte appartenenti al medesimo periodo.

Ingrandimento delle scalfitture di alcuni dei canini atrofici di cervo della sepoltura di Saint-Germain-la-Rivière: si nota la tecnica utilizzata che ha lasciato evidenti intagli accidentali per la difficoltà di iniziare il solco (ph. M. Vanhaeren e F. d’Errico, 2003)

I segni sono stati realizzati con una incisione provocata dal movimento lineare di un oggetto tagliente, una tecnica che ha lasciato evidenti intagli accidentali per la difficoltà di iniziare il solco. Anche la posizione delle decorazioni sul dente attira l’attenzione: queste decorazioni sono visibili solo se la superficie mesiale (la superficie diretta verso la linea ideale che passa tra gli incisivi centrali) o vestibolare (la superficie rivolta verso la guancia e le labbra) è orientata verso l’osservatore.

Che significato avevano questi segni? E perché scegliere denti di cervo per realizzarli?

Recenti studi attestano che nel Magdaleniano, a causa dell’ambiente steppico secco e freddo, i cervi erano rari o addirittura assenti nel sud-ovest della Francia. I denti, acquisiti attraverso scambi o durante lunghi viaggi, sarebbero allora portatori di grande valore.
L’uso di canini di cervo rosso utilizzati come ornamenti personali all’interno di sepolture è ben documentato in Europa durante tutte le fasi del Gravettiano; ad oggi si conoscono 82 sepolture sparse per 22 siti (grotte, ripari o all’aperto) in 7 paesi. Si tratta di resti di donne e uomini di ogni età, accanto ai quali venivano posti diversi oggetti; uniti alla cura riservata all’inumazione, questi oggetti, appartenuti al defunto o offertigli dai suoi compagni, evidenziano usi e costumi legati ad una stessa cultura ben radicata ed estesa su un ampio territorio euroasiatico che va dalla Spagna alla Francia, fino all’Italia meridionale (V. Gazzoni –2010).

Mappa dei siti Gravettiani con ornamenti ritrovati nelle sepolture (ph. P. Coste, 2016)

L’Italia vede il rinvenimento di 16 sepolture dislocate in 8 siti per un totale di 20 individui, tutti cronologicamente collocabili nel Gravettiano. In ognuna di queste sepolture si rileva continuità di utilizzazione dei canini atrofici di cervo come oggetti di ornamento riferibili a copricapi, collane, bracciali e cavigliere; vediamole in dettaglio.

PUGLIA – Grotta Paglicci presso Rignano Garganico (FG)
La prima sepoltura (PA15) è relativa ad un giovane di circa 12-13 anni datato a 24720 ± 420 BP; il corpo, adagiato in posizione supina, era ricoperto di ocra rossa. Una pietra poggiava sulle tibie e i piedi e la testa erano sostenuti da pietre. Presenti numerosi oggetti ornamentali tra cui un copricapo formato da una trentina di denti canini atrofici di cervo forati alla radice ed una collana con due cipree come pendenti al collo; altri monili composti da canini di cervo forati in qualità di bracciale e cavigliera. Lo affiancava, inoltre, un ricco corredo composto da svariati strumenti in selce di ottima fattura.

La sepoltura Pa15 deposta sulla superficie nell’atrio della Grotta (ph. A. Palma di Cesnola, 1988)

Di poco più recente la seconda sepoltura, relativa ad una giovane donna di circa 18-20 anni, datata a 23470 ± 370 BP, deposta in posizione supina all’interno di una fossa ellittica con le mani raccolte all’altezza del pube; aveva il corpo cosparso di ocra, particolarmente concentrata sul capo, sul bacino e sui piedi. Recava un corredo di svariati utensili in selce di uso quotidiano. I suoi ornamenti personali includevano una sorta di diadema sulla fronte costituito da almeno sette canini atrofici di cervo forati alle radici ed un probabile pendente da collo costituito da una conchiglia; inoltre un canino di cervo è stato recuperato all’altezza del ginocchio destro.

La sepoltura Pa25 deposta sulla superficie nell’atrio della Grotta (ph. A. Palma di Cesnola, 1988)
Il cranio della sepoltura Pa25 con il diadema di sette canini forati di Cervo, sul davanti di una calotta di ocra (ph. A. Palma di Cesnola, 1988)

Interessante sapere che le due sepolture sono state trovate in prossimità della parete dove sono dipinti due cavalli, uno in posizione verticale come se emergesse dalla terra e l’altro proveniente dalla sua sinistra in orizzontale, pertanto troviamo l’associazione donna-cavallo.

PUGLIA – Santa Maria di Agnano presso Ostuni (BR)
La sepoltura denominata Ostuni 1 è riferita ad una donna di circa 20 anni, morta nello stato terminale della gravidanza, con i resti del feto trovati all’altezza del bacino, reperto databile al 24.410 ± 320 BP. Lo scavo, effettuato con le moderne tecnologie, ha consentito di appurare la sequenza delle operazioni per la deposizione della sepoltura, testimoniando un rituale complesso e molto accurato. La donna è stata deposta in una fossa che ha sfruttato la naturale conformazione del suolo, in posizione fetale sul lato sinistro con la mano destra posta sul ventre e la testa appoggiata sul palmo della mano sinistra. Al polso destro portava un bracciale composto da conchiglie forate ed un canino atrofico di cervo mentre sul capo era collocata una cuffia cosparsa di ocra rossa e costituita da più di 600 conchiglie marine intervallate da 8 canini atrofici di cervo di cui solo uno è stato trovato in assetto verticale tra due conchiglie contigue di Cyclope neritea. Nella sepoltura erano posti anche numerosi strumenti litici, resti di fauna collocati intenzionalmente intorno al corpo e clasti di medie dimensioni a protezione dello scheletro.

La sepoltura Ostuni 1: a sinistra nel luogo di ritrovamento, in alto a destra una ricostruzione della sepoltura esposta nel museo di Ostuni e in basso a sinistra alcuni dei canini atrofici di cervo (ph. E. Visciola, 2021)

PUGLIA – Grotta delle Veneri presso Parabita (LE)
All’interno della Grotta delle Veneri di Parabita sono state individuate due sepolture in una fossa ellissoidale, purtroppo molto danneggiate da una buca neolitica che ne causato la dispersione dei crani, degli arti superiori e probabilmente di parte del corredo. Le due sepolture era poste una di fronte all’altra, riferibili ad un uomo (Par1) e ad una donna (Par2) datati al 24489 ± 100 BP. In prossimità degli scheletri furono trovati un ciottolo oblungo presso il bacino della donna, un raschiatoio in selce e, in prossimità del punto dove probabilmente poggiavano i crani, una doppia fila composta da 26 canini atrofici di cervo forati, forse parte di un copricapo o di una collana, tutti abbondantemente cosparsi di ocra rossa. I canini formavano due semicerchi, con la concavità rivolta verso il corpo della sepoltura, come se fossero cuciti su un copricapo o retina e che, a seguito del disfacimento del corpo, sono scivolati sulla fossa.

In basso a sinistra pianta schematica della sepoltura della Grotta delle Veneri al momento del ritrovamento; in alto a sinistra rilievo della posizione dei canini di cervo al momento dello scavo e a destra i canini di cervo rinvenuti nella grotta con in basso i dettagli dei fori passanti di alcuni (ph. E. Ingravallo e R. Grifoni Cremonesi, 2020)

PUGLIA – Grotta di Uluzzo presso Nardò (LE)
All’interno della grotta nel 1963, dopo numerosi scavi clandestini che avevano sconvolto la superficie di calpestio fino alla profondità di circa 2 metri, iniziò una campagna di scavi ad opera di Edoardo Borzatti von Lowenstern che recuperò nello strato “G” datato al Romanelliano (Paleolitico Superiore recente), composto da uno strato argilloso misto a sabbia di colore rosso scuro, un canino atrofico di cervo forato alla radice con incisioni sullo smalto e sulla radice, insieme a 2 pezzi di ocra rossa, una lastra di calcare tinta di ocra rossa, alcune schegge ossee e diversi esemplari di industria litica. Le indagini che si sono succedute nella grotta hanno portato alla definizione della cultura Uluzziana, dal sito eponimo, con una importante sequenza stratigrafica che abbraccia la transizione tra il Paleolitico Medio ed il Superiore e quindi cruciale per comprendere i processi biologici e culturali che hanno portato al passaggio tra Neanderthal e Sapiens.

Resti di scavo dalla Grotta Uluzzo, in primo piano un canino di cervo che presenta tracce di scalfittura (ph A. de Nardis)

LIGURIA – Caverna di Arene Candide presso Finale Ligure (SV)
All’interno della Caverna delle Arene Candide sono state individuate circa 42 sepolture, ma ciò che ha suscitato maggior interesse è quella del cosiddetto giovane Principe di circa 15 anni, datato al 23.440 ± 190 BP, sepolto dopo una morte violenta causata probabilmente dall’aggressione di un orso. Il giovane era stato sepolto su un letto di ocra rossa con un ricco corredo funerario: il capo era coperto da una sorta di cuffia realizzata con centinaia di conchiglie di Cyclope neritea e pendaglio in avorio di mammut ornato da linee incise; una collana formata da conchiglie di ciprea e alcuni canini atrofici di cervo, tutti forati; conchiglie forate e pendaglio in avorio di mammut ornato da linee incise a formare probabilmente un braccialetto; il braccio destro era flesso e la mano impugnava una lama di selce, unico elemento in cui non vi è traccia di ocra rossa; nei pressi del torace e dei fianchi sono stati rinvenuti alcuni bastoni forati ricavati da corna di cervo e appuntiti ad una estremità.

La sepoltura del giovane Principe delle Arene Candide con le ricostruzioni della cuffia in alto a destra, della collana al centro e del bracciale in basso a destra (ph. E. Visciola, 2023)

LIGURIA – Grotte dei Balzi Rossi presso Ventimiglia (IM)
Nella Grotta del Caviglione ai Balzi Rossi è stata trovata una sepoltura, dapprima attribuita ad un uomo adulto paleolitico denominato “uomo di Mentone” e solo a seguito di indagini approfondite attribuita ad una donna di epoca Gravettiana, la “dama del Caviglione”, morta all’età di circa 37 anni e datata a circa 24.000 anni fa. Il corpo era deposto in posizione fetale sul lato destro e la testa era coperta da un copricapo con più di 300 conchiglie di Cyclope neritea ornato sui bordi da una frangia costituita da 35 canini atrofici di cervo forati; dietro il cranio erano posizionate due lame di selce mentre un osso di cervo appuntito era posizionato vicino alla fronte ritenuto una sorta di fermacapelli; vicino alla gamba c’erano altre conchiglie perforate simili a quelle del cranio probabilmente a formare un ulteriore ornamento.

La Dama del Caviglione a sinistra nella ricostruzione del Riviere, lo scopritore, subito dopo il rinvenimento, al centro e a destra la ricostruzione del corpo e del copricapo esposti al Museo della Preistoria dei Balzi Rossi (ph. E. Visciola, 2023)

Sempre ai Balzi Rossi, esattamente nella Barma Grande è stata scoperta una triplice sepoltura risalente a circa 22.000-26.000 anni fa, di un maschio adulto e due ragazze, tutti deposti affiancati nella stessa fossa cosparsi di ocra rossa e con un ricco corredo. In particolare l’uomo aveva sul capo un ornamento realizzato con alcuni canini atrofici di cervo decorati con striature, conchiglie di Cyclope neritea e vertebre di trota, mentre sul collo erano presenti altri 14 canini assieme a vertebre di pesce che costituivano una collana; una delle ragazze presentava una collana con due file di vertebre di pesce e una terza con conchiglie di Cyclope neritea e canini di cervo.

La Triplice Sepoltura a sinistra con il ricco corredo funebre, a destra la ricostruzione della collana e di un dente di animale, entrambi esposti al Museo delle civiltà dell’Europa e del Mediterraneo di Marsiglia (ph. E. Visciola, 2023)

Nella Grotta del Balzo della Torre ai Balzi Rossi sono state recuperate tre sepolture datate tra 23.440 ± 90 e 24.800 ± 800 BP, tra cui la Sepoltura 1 con un bracciale al gomito destro formato da un canino atrofico di cervo e 32 conchiglie forate, un bracciale al polso destro formato da 15 Cyclope neritea e alcuni canini atrofici di cervo oltre a numerosi altri monili realizzati con conchiglie; la Sepoltura 2 aveva un copricapo realizzato con 89 conchiglie forate e 5 canini atrofici di cervo mentre altri due canini erano presenti sul petto dell’individuo.
Infine nella Grotta dei Fanciulli, sempre ai Balzi Rossi sono state individuate 5 sepolture, tra cui quella denominata Sepoltura 4 aveva un copricapo con conchiglie di Cyclope neritea e canini atrofici di cervo.

VENETO – Riparo Tagliente presso Stallavena di Grezzana (VR)
Nel Riparo Tagliente, nei numerosi livelli del deposito antropizzato, sono state rinvenute importanti tracce dell’intensa occupazione del riparo come l’accensione di focolari, la confezione di utensili in pietra scheggiata e su materia animale, la preparazione di utensili per la caccia e la realizzazione di attività legate al comportamento simbolico come la presenza di oltre un migliaio di conchiglie marine e circa dodici canini atrofici di cervo, per la maggior parte forati; cinque di questi erano ancora intatti ma mostravano tracce di preparazione del foro su entrambe le facce della radice a diversi livelli, come elementi di raschiatura e di rotazione per produrre i fori, fornendo così una testimonianza eccezionale della catena operativa della perforazione. Abbondanti tracce di ocra rossa erano presenti un po’ ovunque.

Riparo Tagliente: in alto a sinistra alcuni canini atrofici di cervo con il foro per la sospensione ed in basso a destra una ricostruzione di un momento di vita della comunità Epigravettiana di Riparo Tagliente (ph. F. Fontana ed altri, 2012)

CALABRIA – Grotta del Romito presso Papasidero (CS)
All’interno della grotta del Romito è stata messa in luce una importante serie stratigrafica che documenta fasi di frequentazione dal Paleolitico Superiore al Neolitico; negli strati Epigravettiani sono venute alla luce alcune piccole fossette interrate dove erano deposti manufatti e oggetti di cui al momento si discute se avessero una funzione utilitaristica o simbolica. In particolare, nello strato C1 datato a 11.000-11250 BP sono stati rinvenuti diversi oggetti che dimostrano l’intenzionalità della loro deposizione, tra cui macrofauna, industria litica, numerose conchiglie forate di Cyclope neritea e Columbella rustica, un punteruolo in osso oltre ad un canino atrofico di cervo forato utilizzato come pendente. Sui margini del foro del canino sono visibili tracce riconducibili ad azioni di perforazione per rotazione con uno strumento litico appuntito ed entrambe le facce del dente sono decorate con piccole tacche incise parallele tra loro. Nello strato D19, datato tra 12350-12470 BP, sono stati recuperati un palco palmato di cervo frammentario, una calotta di cervo ed un canino atrofico di cervo con il foro di sospensione.

In basso a sinistra i ritrovamenti relativi alla struttura C1 e a destra quelli relativi all’orizzonte D19 della Grotta del Romito (ph. F. Martini ed altri, 2012)

Sempre all’interno della Grotta del Romito è di particolare rilievo la sepoltura 9 datata a circa 14000 anni fa, riferibile ad un giovane maschio di circa 11-12 anni deposto su un letto di ocra rossa e con un ricco corredo funerario costituito da conchiglie forate e canini atrofici di cervo con decorazioni incise, questi ultimi a formare due bracciali che ornavano l’avambraccio sinistro ed il polso destro.

In alto la Sepoltura 9 in corso di scavo con la ricca ornamentazione di Cyclope neritea e di canini di cervo forati, il tutto poggiato su un letto di ocra rossa (ph. F. Martini e D. Lo Vetro, 2011)

SICILIA – Grotta di San Teodoro presso Acquedolci (ME)
All’interno della grotta sono stati ritrovati i resti di 7 individui tra cui il reperto più importante è quello di una donna di circa 30 anni, datata a 14000-11000 anni fa, a cui è stato attribuito il nome di Thea in omaggio al nome della grotta; il corpo è stato deposto su un letto di ocra rossa con dodici canini atrofici di cervo perforati che probabilmente appartenevano ad una collana.

A sinistra lo scheletro ed in alto a destra una ricostruzione del suo volto, mentre in basso a destra i dodici canini di cervo forati (ph. Museo Gemmellaro; i canini da P. Graziosi, 1947)

ABRUZZO – Grotta Continenza nei pressi di Trasacco (AQ)
La grotta ha fornito un’importante serie stratigrafica, circa 48 livelli, compresa tra l’Epigravettiano finale ed il Neolitico, testimoniandone l’utilizzo sia per uso abitativo che sepolcrale. In particolare, gli strati che ci interessano sono tra il 29 ed il 43 laddove sono stati individuati 16 esemplari di canini atrofici di cervo forati (solo uno non lo è) e circa 244 conchiglie di molluschi forate, come corredo funerario di alcune sepolture; tutto il materiale è stato rinvenuto lateralmente alle ossa, probabilmente spostato per l’attività di alcuni roditori che hanno scavato le loro tane nei livelli del sito. Una datazione calibrata su osso è stata effettuata su una sepoltura del taglio 33 e corrisponde a circa 9957-10065 BP.

A sinistra sezioni stratigrafiche nei livelli più antichi (ph. R. Grifoni Cremonesi, M. Srrandimigni, M. Usala, 2011) a destra alcuni ornamenti recuperati nei livelli più antichi della grotta (ph. R. Grifoni Cremonesi, 1998)

Con questo breve excursus sulle sepolture Italiane è possibile constatare che i monili hanno avuto sicuramente un ruolo importante per gli uomini e le donne del Paleolitico ed in particolare l’uso dei canini di cervo a creare le differenti parure era molto diffuso, nonostante il loro reperimento non fosse affatto semplice; spesso erano pezzi esotici, provenienti da luoghi molto distanti rispetto a dove sono stati trovati, probabilmente accumulati negli anni per essere poi deposti nella sepoltura.
Se da un lato gli oggetti in osso e pietra ritrovati accanto agli scheletri, come lame, scalpelli, raschietti possono essere considerati come parte dell’attrezzatura per un uso pratico nella vita quotidiana e deposti accanto al defunto per accompagnarlo nella sua vita ultraterrena, altri, come i monili e i canini di cervo incisi e forati sollevano interrogativi sul loro significato e sul loro utilizzo.
Se consideriamo che anche oggi le differenze culturali si cristallizzano intorno ai rituali funebri possiamo forse ipotizzare che questi oggetti, che certamente erano parte di un ornamento personale, possano avere anche e soprattutto un valore simbolico e cerimoniale.
Non sappiamo se fossero realizzati per essere utilizzati durante la vita o se preparati specificamente come corredo funebre ma resta la certezza che questi segni tracciati in modo preciso e intenzionale fossero espressioni simboliche riconosciute da una stessa cultura che a noi oggi comunicano l’idea di una società coesa e relazionata al mondo naturale.
Non ci è dato sapere cosa rappresentasse per queste popolazioni il cervo che forniva cibo, vestiario e numerosi utensili indispensabili alla loro vita, oltre ad una espressione mistica della loro realtà. Per noi, che non conosceremo mai intimamente né l’animale né il simbolo, esso resta distante nonostante sia accanto a noi da migliaia di anni nei miti e nelle leggende che tutte le culture storiche hanno sempre narrato; resta solo lui come animale totem con cui ci ornavamo dato che mammut e uro non esistono più. Non ci resta che misurare, datare, pesare e ipotizzare che è ben poca cosa rispetto a ciò che doveva rappresentare allora.
Le ipotesi sul loro significato possono essere iscritte a diversi ambiti non necessariamente escludenti l’uno dell’altro:

  • Simboli di status e abilità – I canini di cervo, ottenuti da animali che venivano cacciati, potevano rappresentare un simbolo di status sociale come suggerisce lo studio di Marian Vanhaeren e Francesco d ’Errico sulla sepoltura di Saint-Germain-la-Riviere o di abilità venatoria. La donna sepolta potrebbe essere stata una cacciatrice provetta o provenire da un gruppo sociale elevato o rappresentare uno status sociale esclusivo (anziana, guaritrice, sciamana).
  • Simboli identificativi – I canini di cervo servivano per riconoscersi come appartenenti ad un gruppo piuttosto che ad un altro, fino magari a rappresentare il nome di un clan o di una zona di territorio. A tal proposito sono recentissimi i risultati degli studi degli archeologi dell’Università di Bordeaux i quali hanno costruito un database di ornamenti personali indossati dagli europei nel periodo tra 34.000 e 24.000 anni fa, (il cosiddetto complesso tecnologico Gravettiano) e combinando le posizioni in cui sono stati trovati con i dati genetici sono emerse nove culture distinte, ognuna fedele alle proprie tradizioni ornamentali. A tal proposito gli autori scrivono “… la variabilità degli ornamenti Gravettiani non può essere spiegata solo dall’isolamento per distanza; … (nel tempo) gli ornamenti personali sono diventati una tecnologia di comunicazione utilizzata per trasmettere informazioni privilegiate sull’appartenenza a un gruppo e sullo status sociale…”. (J. Baker ed altri, 2024).
Mappa con l’identificazione dei nove gruppi culturali distinti nell’Europa gravettiana, basandosi sulle differenze tra i loro ornamenti personali (ph. J. Baker ed altri, 2024)
  • Oggetti di valore religioso o spirituale – I canini decorati e le corna di animali potevano avere un significato religioso o spirituale. Le incisioni potrebbero essere legate a significati propiziatori o alla connessione con il mondo ultraterreno; il cervo e la cerva, da sempre animali portatori di significati magici e propiziatori in tutte le culture, sono utilizzati come divinità protettive e creduti animali soprannaturali, come se l’animale potesse accelerare il cammino degli spiriti dei morti.
A sinistra teschi di cervo con fori per gli occhi risalenti a 11.000 anni fa dal sito archeologico mesolitico di Star Carr, Scarborough, North Yorkshire (ph. J. Murfitt); in alto a destra la sciamana di Grotta dei Cervi in Puglia (ph. P. Graziosi, 1980) ed in basso a destra lo Stregone dipinto all’interno della caverna di Trois-Frères in Ariège, Francia, datato al 13000 a.C.
  • Amuleti protettivi – In alcune culture preistoriche gli animali come il cervo erano associati a poteri protettivi. I canini indossati come collana o inseriti nel copricapo o fra il vestiario potrebbero aver avuto la funzione di amuleto per accompagnare chi li indossava sia nella vita che nell’oltretomba. A riguardo di quest’ultima ipotesi abbiamo già accennato alla “… importanza e la valenza simbolica dei canini atrofici di cervo che ricorrono in tutte le sepolture gravettiane anche in quelle successive e che si perpetua nel tempo fino in epoche storiche. Il mito del cervo rimane infatti ancora durante tutto il Medioevo e oltre nelle leggende di caccie simboliche o stregate …” (da Renata Grifoni Cremonesi – “La duplice sepoltura gravettiana e il rituale funerario paleolitico” – in La grotta delle Veneri di Parabita (Lecce) – a cura di Elettra Ingravallo e Renata Grifoni Cremonesi – Edipuglia, 2020 – pag. 79).
Una donna indiana con un abito cerimoniale su cui sono cuciti canini di cervo; questi abiti parlavano dello status della famiglia della donna che li indossa (ph. J. Baker e altri, 2024)
  • Un calendario – Un modo per misurare il tempo o rappresentare particolari momenti utili alle loro attività.

Per concludere il nostro ventaglio di ipotesi i denti di cervo avrebbero potuto fornire un supporto perfetto per incidere un linguaggio scritto che poteva essere interpretato dai membri del gruppo, simboli ideografici mnemonici per rappresentare un numero limitato di concetti e questa è l’ipotesi più emozionante che possiamo fare perché ci porterebbe in un lampo vicinissimi ad una cultura che era in grado di raccontare la sua storia. Un possibile riscontro è l’analogia tra i grafemi presenti sui canini ed i segni ritrovati tatuati su resti di pelle della mummia di Similaun (5200 BP) a riprova di un ipotetico significato magico e propiziatorio di guarigione. Il corpo di Otzi, così è stata nominata la sua mummia ritrovata in un ghiacciaio delle Alpi Venoste, era ricoperto da 61 tatuaggi, segni di pigmento di carbonio che compaiono sulla parte inferiore della schiena, sull’addome, sul polso sinistro e sulla parte inferiore delle gambe; i ricercatori hanno appurato che le zone in cui sono stati realizzati i tatuaggi coincidono con i punti dell’agopuntura e dunque hanno ipotizzato che fossero terapeutici, eseguiti su punti particolare del corpo come cura contro i dolori.

I segni tatuati su resti di Pelle di Otzi, la mummia di Similaun

Ritornando ai canini di cervo incisi, possiamo ipotizzare che abbiano un valore che va oltre l’ornamento diventando veri e propri talismani in grado di proteggere chi li indossa e donando la capacità di connettersi con le energie positive dell’animale, che è forse il motivo per cui se ne rinvengono così in gran numero. Ma che significato possono avere dunque le incisioni presenti su alcuni? Attendiamo futuri studi e dati più specifici a riguardo; restano per ora domande a cui poter rispondere solo con congetture

Alessandra de Nardis ed Elvira Visciola – agosto 2024


Bibliografia

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  9. Paolo Graziosi –Gli uomini paleolitici della grotta di S. Teodoro (Messina)” – in Rivista di Scienze Preistoriche – n° 2 – 1947;
  10. Paolo Graziosi – Le pitture preistoriche della Grotta dei cervi di Porto Badisco – Giunti – Martello, Firenze 1980;
  11. Renata Grifoni Cremonesi – “Alcune osservazioni sul rituale funerario nel Paleolitico superiore della Grotta Continenza” – in Rivista di Scienze Preistoriche – XLIX – 1998;
  12. Renata Grifoni Cremonesi, Marco Serradimigni e Marco Usala – “Le campagne di scavo dal 2001 al 2009 nella Grotta Continenza di Trasacco (AQ). I livelli dell’Epigravettiano finale, del Mesolitico e del Neolitico antico” – in Il Fucino e le aree limitrofe nell’antichità – Atti del III Convegno di Archeologia – Avezzano 2011;
  13. Elettra Ingravallo e Renata Grifoni Cremonesi – La Grotta delle Veneri di Parabita (Lecce) – Edipuglia – Bari 2020;
  14. Fabio Martini, Domenico Lo Vetro, Zelia Di Giuseppe, Lapo Baglioni, André C. Colonese, Cristina Lemorini, Niccolò Mazzucco, Francesco Trenti – “Strutture e sottostrutture del Paleolitico superiore di Grotta del Romito tra funzionalità e simbolismo” – in Rivista di Scienze Preistoriche – LXII – 2012 – pp. 33-66;
  15. Fabio Martini e Domenico Lo Vetro – Grotta del Romito a Papasidero. Uomo, ambiente e culture nel Paleolitico della Calabria. Ricerche 1961-2011 – Editoriale Progetto 2000 – 2011;
  16. Margherita Mussi – “Rituels funeraires dans les sepultures Gravettiennes des Grottes de Grimaldi et de la Grotte delle Arene Candide: une mise au point” – in Nature et Culture – Colloque de Liege – Liege 1993 – pp. 833-846;
  17. Arturo Palma di Cesnola – Paglicci Rignano Garganico – Regione Puglia, 1988;
  18. Marian Vanhaeren e Francesco D’Errico – “Le mobilier funeraire de la Dame de Saint Germain-la-Riviere (Gironde) et l’origine paleolitique des inegalites” – in Paleo. Revue d’archeologie Prehistorique – n. 15 – 2003 – pag. 195-238.