Sepolture della Caverna delle Arene Candide – Finale Ligure (SV)

La scheda è stata curata da Elvira Visciola con la supervisione di Elisa Bianchi, Conservatrice del Museo Archeologico del Finale

Sepolture della Caverna delle Arene Candide – Finale Ligure (SV)

La scheda è stata curata da Elvira Visciola con la supervisione di Elisa Bianchi, Conservatrice del Museo Archeologico del Finale


All’interno della grotta delle Arene Candide sono stati riesumati circa 42 inumati nel corso delle diverse campagne di scavo, ricerche che hanno permesso di approfondire le dinamiche funerarie all’interno della necropoli.

La prima fase dei rinvenimenti è avvenuta durante gli scavi del geologo Arturo Issel, ma di questi non si possiede una corretta documentazione dei dati relativi oltre al fatto che il materiale osteologico è quasi completamente andato perduto. Già nel corso delle sue prime visite, avvenute nel 1864, Issel trovò ossa umane sparse ad una certa profondità al di sopra di alcuni focolari, ossa di colore biancastro, probabilmente per l’azione del fuoco, con scalfiture ed intaccature a causa dell’azione di animali predatori.

La prima tomba intatta fu scoperta nel 1874 ad una profondità di circa 1.60 metri e successivamente altre 8 durante lo scavo avvenuto con i signori Brooke e Brown; si tratta di 4 tombe di adulto maschio, una femmina adulta, 3 bambini ed un adulto in età avanzata, quasi tutti con il cranio dolicocefalo. Solo per 4 di queste si è potuta appurare la posizione rannicchiata sul fianco sinistro, mentre per le restanti 4 i dati sono frammentari; i corredi erano totalmente mancanti per i bambini, mentre gli adulti avevano circa 2 oggetti a tomba (punte in osso, asce in pietra verde, schegge di selce, conchiglie forate, ossa di animali, vasetto con resti di pasto carbonizzato in un solo caso, ocra rossa sotto forma di pezzetti frantumati mentre nel caso della tomba femminile l’ocra rossa era sparsa sul fondo della fossa).

Il reverendo Don Pietro Perrando riportò alla luce 3 sepolture, di un lattante, di un bambino di 7-8 anni con una lesione ante-mortem sul cranio e di un anziano sepolto con le braccia incrociate sul petto ed ocra rossa sulla fronte.

Anton Giulio Barrili nel 1874 rinvenne una sepoltura femminile di età imprecisata ma vicina all’adolescenza, con il corpo adagiato sul fianco destro, le braccia conserte sul petto, il cranio appoggiato su un ciottolo ed il corredo costituito da conchiglie forate, denti di animali, cocci di ceramica ed un frammento di testa di mazza in giadeite.

Alfred John Wall nel 1884 riportò alla luce altre 5 tombe, ma di queste non si hanno notizie.

Il reverendo Nicolò Angelo Andrea Morelli durante gli scavi dal 1885 al 1888 rinvenne altre due sepolture protette da grandi lastre in pietra e svariati frammenti ossei dello scheletro post-craniale di 7 bambini; anche di questi corpi restano solo i resoconti di Issel.

Ma fu durante gli scavi sotto la direzione di Luigi Bernabò Brea, condotti dagli archeologi Virginia Chiappella e Luigi Cardini, che il 1 maggio 1942, nel pieno degli eventi bellici della Seconda Guerra Mondiale, venne alla luce la tomba del “Principe delle Arene Candide” sotto il focolare n. 5, a circa 6.70 metri di profondità, recentemente datato al 26.300 a.C., un giovane di circa 15 anni di età, robusto ed alto circa 170 cm., sepolto dopo una morte violenta probabilmente causata dall’aggressione di un orso durante una battuta di caccia, con un colpo inferto alla mandibola ed alla spalla sinistra che infatti sono state asportate. Il giovane venne sepolto con tutti gli onori, su un letto di ocra rossa con un ricco corredo costituito da un copricapo formato da centinaia di conchiglie perforate e canini di cervo, pendenti in avorio di mammut, 4 bastoni traforati in palco d’alce, tre dei quali decorati con sottili striature ed una lama di selce di 23 cm. tenuta nella mano destra. La funzione dei 4 bastoni rimane ancora oggi incerta: per lungo tempo sono stati definiti bastoni di comando o indicatori di status sociale, mentre oggi si suppone servissero come strumenti per raddrizzare, con l’aiuto del fuoco, le ossa lunga degli animali impiegate per la caccia.

La ricchezza e la varietà del corredo funerario insieme all’eccellente stato di conservazione e la precisa collocazione stratigrafica hanno fatto della sepoltura un’importante fonte di dati archeologici, paletnologici ed antropologici. Bisogna però evidenziare che non è stata effettuata un’analisi del DNA, ma solo una diagnosi del sesso, che per uno scheletro di adolescente non garantisce la sua corretta attribuzione; pertanto, allo stato attuale delle indagini, non si può dire con certezza assoluta che sia uno scheletro maschile e, se così fosse accertato a seguito di analisi del DNA, sarebbe il primo uomo ad essere sepolto con un corredo tipico di sepolture femminili, come il copricapo fatto di conchiglie e l’ocra rossa sparsa sul piano di deposizione della sepoltura.

Nelle successive campagne di scavo emerse la necropoli Epigravettiana, costituita da dodici sepolture primarie (di cui due doppie) ed almeno sei raggruppamenti scheletrici in deposizione secondaria, materiale su cui sono stati effettuati approfonditi studi che hanno consentito di formulare nuove ipotesi sui comportamenti funerari del Paleolitico Superiore. La caverna venne usata come luogo di inumazione e di successiva manipolazione intenzionale delle sepolture in due fasi distinte, la prima nel 10.870-10.470 a.C. e la seconda nel 10.080-9.230 a.C.; nonostante ci sia una differenza di alcuni secoli tra una fase e l’altra, le caratteristiche dei comportamenti rituali erano simili: posizione supina e distesa del defunto, presenza di corredo e nel caso di sepolture bisome vi era un adulto con un bambino al fianco. In occasione di nuove sepolture si registra la manipolazione secondaria dei defunti che risulta intenzionale (ossia sono defunti appartenenti alla medesima fase, a testimoniare una sorta di legame diretto dei vivi con i propri antenati) con la dislocazione laterale dei resti e la successiva ricollocazione di elementi specifici, specialmente crani, in nicchie nella pietra ubicate intorno al nuovo inumato. La scelta di destinare un luogo specifico a determinate pratiche funerarie per la durata di alcune generazioni ha posto in evidenza il legame di queste popolazioni con il territorio ed ha consentito di approfondire lo studio e la comprensione delle dinamiche di vita, caratterizzate in genere dalla frammentarietà e dispersione dei contesti funerari.

In particolare è importante evidenziare la presenza nei pressi degli inumati di alcuni ciottoli litici piatti e oblunghi, levigati dall’azione del mare e con numerose tracce di ocra; questi, i cosiddetti “biscottini” erano posti sia integri che frammentari, con fratture artificiali e pertanto si è ipotizzato che venissero usati per l’applicazione dell’ocra sui corpi dei defunti, quindi venivano rotti intenzionalmente dopo l’uso in modo che una parte venisse lasciata in situ e l’altra rimossa e portata via come simbolo di legame con il defunto.

Nella stessa Caverna sono stati ritrovati nell’area della necropoli alcuni ciottoli con tracce d’uso e di ocra rossa di cui due presentano sulla superficie linee parallele, che hanno spinto Luigi Cardini a rapportarle con i ciottoli dipinti del Mas d’Azil, affermando così la loro affinità con il Mesolitico pirenaico (L. Cardini, 1972). In ambito italiano, confronti stilistici appartenenti allo stesso intervallo cronologico possono riscontrarsi con una placchetta proveniente da Riparo Dalmeri in Trentino, con sette ciottoli rinvenuti a Grotta Continenza in Abruzzo e con alcuni ciottoli ancora in fase di datazione provenienti da Grotta della Madonna in Calabria.

Negli strati più recenti, tra il 24 ed il 20, emersero altre 13 sepolture, datate tra il 5395-5125 ed il 4983-4783 cal a.C.; di seguito una breve analisi delle sepolture:

Tomba I: a cista litica, scheletro di adolescente maschile in pessime condizioni, adagiato in posizione rannicchiata sul fianco sinistro con mano destra vicino al mento e sinistra sotto la testa, privo di corredo con frammenti di carboni ritrovati nelle vicinanze del cranio, probabile resto di qualche strumento ligneo non più riconoscibile. Allineamento del corpo NNE-SSW e testa rivolta a NNE; tracce di artropatia (artrosi) probabilmente generata da un lavoro continuo ed intenso di tipo manuale. La sepoltura è datata al 4700-4500 a.C., riferibile alla cultura dei Vasi a Bocca Quadrata. I resti sono conservati presso il Museo Archeologico di Finale Ligure.
Tomba II: a cista litica, adiacente alla I, scheletro di adulto ritrovato con il cranio schiacciato, forse a causa della rottura della lastra di copertura della cista, con il corredo costituito da un punteruolo in osso ricavato da costola di maiale facente parte probabilmente della veste del defunto. Allineamento del corpo e della testa come per la I. I resti sono conservati presso il Museo Civico di Archeologia Ligure di Genova Pegli.
Tomba III: a cista litica, interessava gli strati 22, 23 e 24 (probabile livello delle due ciste precedenti), in posizione distanziata rispetto le due precedenti, con allineamento NS e testa verso N, scheletro di adulto maschile di circa 55 anni, in buono stato di conservazione; come unico corredo aveva un punteruolo d’osso trovato vicino al petto e diversi frammenti di carbone. I resti sono conservati presso il Museo Archeologico di Finale Ligure.

Nella terra dello strato 24, proprio al di sopra delle prime tre sepolture, vennero ritrovati i resti di un neonato senza protezione e corredo, mentre nello strato 21 venne alla luce la tomba di un bambino di pochi mesi, anch’esso giaceva disteso senza protezione e corredo.
Tomba VI: a cista litica, era posta proprio al di sotto della tomba V, ma allineata in senso inverso, ossia da ENE a WSW ed il capo rivolto verso ENE, poggiava su una pietra irregolare che dava una posizione sopraelevata al cranio; lo scheletro, di un giovane adulto di 25-30 anni, era in buono stato di conservazione, rannicchiato verso sinistra in maniera meno forte delle precedenti tombe, con braccia flesse e mani giunte poste presso la pietra su cui poggiava il capo. Il corredo era costituito da una macina di forma rettangolare smussata, molto allungata, ricoperta di ocra rossa e collocata davanti al petto. Sotto lo scheletro si trovava una grossa pietra che certamente era in quella posizione al momento della deposizione e, che insieme ad altre pietre, costituiva la copertura dello strato epigravettiano; quindi questa, insieme alla Tomba V, probabilmente apparteneva ad una fase più antica delle prime quattro tombe.
Tomba VII: a cista litica rinvenuta incompleta poiché probabilmente la lastra di copertura è caduta sullo scheletro; quest’ultimo, trovato pertanto in condizioni assai disastrose, era di giovane adulta, rannicchiata forzatamente sul fianco sinistro, con il dorso appoggiato alla parete rocciosa e la testa rivolta verso l’ingresso della caverna. La mano era all’altezza del mento, la tomba in generale mancante di corredo; tracce di artrite al tunnel carpale. I resti sono conservati presso il Museo Archeologico di Finale Ligure dove sono stati ricostituiti.
Tomba VIII: ritrovata senza cassa litica, tre pietre erano poste a protezione dello scheletro di un bambino di circa 4-5 anni di età, addossato alla parete e con la testa rivolta verso l’ingresso della caverna, fortemente rannicchiato sul fianco sinistro tanto che le ossa dell’avambraccio erano aderenti all’omero e la mano era posta all’altezza della spalla; come corredo un vaso a bocca quadrata finemente decorato a graffito trovato a 10 cm. dalla testa. La testa presentava come segni di traumi perimortali una frattura alla mandibola ed una perforazione nel cranio, entrambi dovuti a violenza subita.
Tomba IX: a cista litica molto semplificata, costituita da 3 grandi lastre, 2 poste verticalmente ed una a copertura, quindi senza protezione alle due testate e pertanto la testa sporgeva dal lastrone di copertura verso Nord, mentre il bacino e le gambe sporgevano a Sud; lo scheletro, rinvenuto nei livelli del Neolitico medio, era di una donna adulta anziana, posta in posizione fortemente rannicchiata sul fianco sinistro, con le braccia flesse, le mani all’altezza del viso e le gambe flesse all’altezza del bacino. Il corredo era mancante, unico elemento uno spillone in osso ritrovato all’altezza del braccio destro, forse impiegato per la chiusura di un indumento; in ogni caso si notò la presenza di grandi quantità di carboni e ceneri oltre che numerosi frammenti di ocra rossa.
Tomba X: una fossa con due pietre a protezione della testa e delle ginocchia di un bambino molto piccolo, deposto in posizione rannicchiata sul fianco sinistro e senza corredo.
Tomba XI: è una sepoltura bisoma costituita da un adulto e un bambino di circa 3 anni deposto al suo fianco. Nella stessa tomba è stato trovato un corredo di oggetti tra cui ciottoli allungati, i cosiddetti “biscottini”, e conchiglie.

Negli anni ’70 ripresero gli scavi all’interno della grotta ad opera del Professor Santo Tinè, il quale portò alla luce altre 3 sepolture, di cui 2 riferibili al Neolitico Medio ed una al Neolitico recente; in particolare:

Tomba ACT1: a cista litica con assenza di corredo, scheletro in posizione contratta di individuo maschile di 19-20 anni, alto circa 158 cm., caratterizzato dalla forma particolarmente allargata del cranio con mandibola robusta; la sepoltura è riferibile ad un momento avanzato della prima fase della cultura dei Vasi a Bocca Quadrata.
Tomba AC13: rinvenuta nei livelli 12 e 13, appartiene ad un bambino di circa 8-9 anni, adagiato in fossa in posizione ranicchiata sul fianco sinistro orientato E-O ed il capo rivolto a Nord, interamente ricoperto di ocra rossa e polvere cinerea; è stato datato a circa il 3850 a.C., pertanto ad un momento avanzato della prima fase dei Vasi a Bocca Quadrata. Il quadro patologico dell’inumato mostra uno strato di forte carenza alimentare ed uno stato di salute particolarmente sfavorevole; lo scheletro era mancante sia dell’avambraccio che della mano sinistra, probabilmente a causa dell’assenza di strutture di protezione della sepoltura e pertanto si presume che le parti siano andate perdute per cause naturali.
Tomba ACT2: rinvenuta nei livelli 14 e 15, la sepoltura è riferibile alla Cultura di Chassey; l’inumato di sesso maschile di circa 40 anni, alto 160 cm. era adagiato in una fossa semplice con gambe flesse verso il busto e cosparso di ocra ma senza corredo. Lo studio delle numerose sepolture di Età Neolitica ha permesso di identificare fenomeni patologici da collegarsi all’introduzione della nuova economia, del nuovo stile di vita e quindi della conseguente dieta a base di cereali; l’ampia diffusione di questo alimento favorì lo sviluppo di patologie orali quali le carie e gli ascessi le cui complicanze furono tra le principali cause di morte tra adulti e bambini.

Note Storiche

Le prime esplorazioni della grotta si ebbero nel giugno del 1864 ad opera di Arturo Issel, il quale resosi conto della grande potenzialità del sito promosse campagne di scavo che si protrassero dal 1864 al 1876. Nello stesso periodo prese parte agli scavi anche un suo allievo, Nicolò Angelo Andrea Morelli, a cui sono da attribuire importanti ritrovamenti avvenuti soprattutto in campagne successive svolte in autonomia, tra cui un elevato numero di sepolture neolitiche e la prima statuina fittile trovata nel 1886.

Un’intensa e più precisa attività di scavo venne però attuata da Bernabò Brea negli anni 1940-42 e 1948-50, lavoro che portò alla definizione della stratigrafia con l’individuazione delle diverse fasi culturali che si sono succedute nel sito. Negli anni 70 Santo Tinè con la collaborazione di Roberto Maggi continuarono ad esplorare i livelli del Neolitico Antico e Medio. Negli anni 90 sono state intraprese attività di salvaguardia del sito. Per approfondimenti sulla storia degli scavi vedi relazione “Arene Candide: storia degli scavi“.

La caverna delle Arene Candide misura 70 x 20 metri e si presenta di forma allungata nel senso est-ovest, con l’apertura divisa in due da un enorme masso, attualmente saldato alla volta da concrezioni stalagmitiche. La parte interna è divisa in 3 zone: quella centrale più lunga e più stretta è chiamata “camera Issel”; quella a sinistra, la “sala Morelli”, ha forma circolare da cui si dipartono brevi cunicoli; quella a destra, la “sala Gandolfi” è di minori dimensioni, con l’ingresso segnato da un pilastro roccioso, ricco di concrezioni e stalagmiti.

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SCHEDA

Nome

Sepolture della Caverna delle Arene Candide – Finale Ligure (SV)

Oggetto

Tombe

Cronologia

La caverna delle Arene Candide è un sito archeologico di particolare importanza per lo studio della preistoria in Italia, in quanto è stato utilizzato come insediamento dal Paleolitico Superiore fino all’età romana. L’occupazione non fu continua, ma si articolò in fitte frequentazioni intervallate da periodi di abbandono più o meno brevi; questa caratteristica è evidente nella stratigrafia proveniente dal sito, con strati scuri (relativi ai periodi di frequentazione per il continuo calpestio e per le ceneri bruciate) alternati a strati chiari (relativi ai periodi di abbandono).
In particolare, le prime testimonianze risalgono al Gravettiano, quando le frequentazioni umane furono molto rare e di breve durata, con importanti episodi di uso sepolcrale, il primo dei quali è la rinomata “tomba del Principe” recentemente datata con radiocarbonio al 26.300 a.C.; ad un periodo compreso tra 11.700 e 9.400 a.C. appartengono i resti della necropoli Epigravettiana, a testimonianza dell’uso funerario della cavità.
Tra l’8.000 ed il 6.000 a.C. si registra un periodo di abbandono della grotta fino a quando iniziò l’occupazione da parte di gruppi ad economia neolitica, appartenenti alla Cultura della Ceramica Impressa; le ceramiche ritrovate sono stilisticamente simili a reperti ritrovati in molte stazioni preistoriche dello stesso periodo in Italia meridionale (Sicilia e Puglia), mentre lamine di ossidiana testimoniano l’esistenza di scambi commerciali marittimi con la Sardegna e le isole Eolie.
Intorno al 5.000 a.C. si affermò la Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata con un’intensa occupazione domestica, a testimonianza di contatti con l’Italia settentrionale; a questo periodo appartengono la gran parte delle ceramiche e degli strumenti in osso ed in pietra ritrovati, oltre alle sepolture datate al Neolitico antico.
Intorno al 4.300 a.C. si affermò una variante locale della Cultura di Chassey con attività pastorali.
Durante l’età del Rame la grotta continuò ad essere vissuta mentre nel periodo dell’età del Bronzo e del Ferro venne utilizzata saltuariamente, ma in realtà gli strati superiori sono meno decifrabili in quanto sconvolti da antichi scavi poco sistematici. Lo strato superiore conteneva reperti di età romana.

Regione

Liguria

Contesto ambientale

Grotte

Reperti esposti

Alcuni reperti sono esposti al Museo Civico di Archeologia Ligure, Viale Durazzo Pallavicini, Genova Pegli – Tel. 010-6981048 ed altri al Museo Archeologico del Finale nel Chiostro di Santa Caterina, Finale Ligure Borgo (SV) – Tel. 019-690020.

Stato di conservazione

La Caverna è regolarmente aperta al pubblico da luglio 2019; un protocollo di intesa tra il Comune di Finale Ligure e la Soprintendenza ha affidato all’Istituto Internazionale di Studi Liguri (ente gestore del Museo Archeologico del Finale) la completa gestione del sito sotto il punto di vista della manutenzione, valorizzazione e promozione. Le visite guidate sono quindi organizzate dal Museo Archeologico del Finale, prenotabili con accompagnamento guidato da un archeologo. Per informazioni e prenotazioni chiamare il Museo di Finale Ligure – tel. 019-690020.

Condizione giuridica

Proprietà Stato

Bibliografia

  1. Daniele Arrobba e Andrea De Pascale (a cura di) – La caverna delle Arene Candide. Un archivio della Preistoria Europea – Istituto Internazionale di Studi Liguri – Finale Ligure 2020;
  2. Arturo Issel – “Liguria Preistorica” – in Atti della Società Ligure di Storia Patria – volume XL – Genova 1908;
  3. Roberto Maggi e Nadia Campana – “Archeologia delle risorse ambientali in Liguria: Estrazione e sussistenza fra IV e III Millennio BC” – in Bulletin du Musee d’Anthropologie Prehistorique de Monaco – supplemento n. 1 – 2008 – pp. 65-74;
  4. Angiolo Del Lucchese e Elisabetta Starnini – “Aggiornamenti sulla fase antica della cultura dei vasi a bocca quadrata in Liguria da una revisione dei materiali ceramici in corso” – in Archeologia in Liguria – Volume V – a cura del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo – Soprintendenza Archeologia della Liguria – 2012-2013 – pp. 27-37;
  5. Luigi Bernabò Brea – Gli scavi nella Caverna delle Arene Candide – Parte I: Gli strati con Ceramiche – Volume 1° – Istituto di Studi Liguri – Bordighera 1946;
  6. Luigi Bernabò Brea – Gli scavi nella Caverna delle Arene Candide (Finale Ligure) – Parte I: Gli strati con Ceramiche – Volume 2° – Bordighera 1956;
  7. Elisabetta Starnini – “Industria litica scheggiata” – in Il Neolitico nella Caverna delle Arene Candide (scavi 1972-1977) – a cura di Santo Tinè – Bordighera 1999 – pp. 219-236 e 450-471;
  8. Margherita Mussi, Paul Bahn e Roberto Maggi – “Parietal art discovered at Arene Candide Cave (Liguria, Italy)” – in Antiquity – n. 82 – Cambridge University Press Gennaio 2008 – pp. 265-270;
  9. Margherita Mussi, Paul Bahn, Alessandro De Marco e Roberto Maggi – “Nuove scoperte di arte parietale paleolitica in italia: la Caverna delle Arene Candide e Grotta Romanelli” – in Preistoria Alpina – n. 46 – Trento 2012 – pp. 41-47;
  10. Vitale Stefano Sparacello, Stefano Rossi, Paul Pettitt, Charlotte Roberts, Julien Riel-Salvatore e Vincenzo Formicola – “New insight on Final Epigravettian funerary behavior at Arene Candide Cave (Western Liguria, Italy)” – in Journal of Anthropological Sciences – volume 96 – 2018 – pp. 161-184;
  11. Roberto Maggi, Mauro Chiavarini, Viviana Guidetti e Adolfo Pasetti – Caverna delle “Arene Candide” (Finale Ligure) Conservazione dei lembi residui dei sedimenti rimasti dopo gli scavi – Bressanone 1996;
  12. Paul Pettitt, M. Richards, Roberto Maggi e Vincenzo Formicola – “The Gravettian burial Known as the Prince (“Il Principe”): new evidence for his age and diet” – in Antiquity – n. 77 – Cambridge University Press Giugno 2011 – pp. 15-19;
  13. Luigi Cardini – “Dipinti schematici antropomorfi della Grotta Romanelli e su ciottoli dei livelli mesolitici della caverna delle Arene Candide e della Grotta della Madonna a Praia a Mare” – in Atti della XIV Riunione Scientifica in Puglia – Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria – Firenze 1972 – pp. 225-235;
  14. Paolo Biagi e Elisabetta Starnini – “La Cultura della Ceramica Impressa nella Liguria di Ponente (Italia Settentrionale): Distribuzione, cronologia e aspetti culturali” – in Del neolitic a l’edat del bronze en el Mediterrani occidental. Estudis en homenatge a Bernat Marti Oliver – Valencia 2016 – pp. 35-49;
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  18. Marco Serrandimigni – “Le pintaderas nel quadro del Neolitico italiano: arte, simbolismo e funzionalità” – in Preistoria Alpina – n. 46 – Trento 2012 – pp. 203-210;
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  20. Renata Grifoni Cremonesi e Annaluisa Pedrotti – “L’arte del Neolitico in Italia: stato della ricerca e nuove acquisizioni” – in Preistoria Alpina – n. 46 – Trento 2012 – pp. 115-131;
  21. Mario Giannitrapani – Coroplastica Neolitica Antropomorfa d’Italia – Bar International Serie 1020 – Oxford 2016;
  22. Angelo Mosso – Le origini della Civiltà Mediterranea – Milano 1912;
  23. Roberto Maggi, Gabriele Martino e Julien Riel Salvatore – “Caverna delle Arene Candide, gli scavi 1941-42: la scoperta del Paleolitico” – in Atti della XLVI Riunione Scientifica – Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria – Firenze 2011 – pp. 431-436;
  24. Andrea De Pascale – “Le prime esplorazioni nelle caverne ossifere del Finalese: tracce, ipotesi e scoperte ad opera di Issel, Perrando, Morelli, Rovereto, Rossi, Amerano…” – in La nascita della Paletnologia in Liguria – Atti del Convegno – Bordighera 2008 – pp. 233-248;
  25. Giovanna Bermond Montanari – “Gli scavi alle Arene Candide (1939-1950): unica base per la ricerca preistorica nel dopoguerra” – in Atti della XXXV Riunione Scientifica – volume primo – Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria – Firenze 2003 – pp. 75-82;
  26. Santo Tinè – “Gli scavi nelle Caverne delle Arene Candide e della Pollera” – in Atti della XV Riunione Scientifica – Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria – Firenze 1972 – pp. 89-93;
  27. Stefano Rossi, Chiara Panelli, Andrea De Pascale e Roberto Maggi – “Di una caverna ossifera di Finale: evidenze di archeologia ottocentesca nella Caverna delle Arene Candide” – in 150 anni di Preistoria e Protostoria in Italia – volume 1 – Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria – Firenze 2014;
  28. Margherita Mussi – “Rituels funeraires dans les sepultures Gravettiennes des Grottes de Grimaldi et de la Grotte delle Arene Candide: une mise au point” – in Nature ed Culture – Colloque de Liege – Liege 1993 – pp. 833-846;
  29. Vincenzo Formicola – “Una sepoltura infantile del Neolitico Medio alle Arene Candide” – in Preistoria Alpina n. 22 – Trento 1986 – pp. 169-175;
  30. Giorgio Paoli – “Età e statura del giovane Paleolitico delle Arene Candide” – in Atti della XVI Riunione Scientifica – Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria – Firenze 1974 – pp. 121-129;
  31. Del Lucchese Angiolo – The Neolithic burials from Arene Candide cave the Bernabò Brea-Cardini excavations, in Arene Candide: a functional and enviromental assessment of the Holocene sequence (excavations Bernabò Brea-Cardini 1940-50) – Memorie dell’Istituto Italiano di Paleontologia Umana – Vol. V – 1997.
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