Thea, la prima donna siciliana – Acquedolci (ME)

La scheda è stata curata da Eleonora Ambrusiano

Thea, la prima donna siciliana – Acquedolci (ME)

La scheda è stata curata da Eleonora Ambrusiano


Tra le pareti rocciose calcaree di Pizzo Castellaro, sul Monte San Fratello, che fa parte della catena dei Nebrodi, nel territorio di Acquedolci, comune della provincia di Messina lungo la costa tirrenica, di fronte alle isole Eolie, si trova la Grotta di S. Teodoro, una cavità naturale che si apre nella parete di un’alta falesia e che domina un terrazzo situato ora tra gli 80 e i 130 metri sul livello del mare. La cavità, di vaste dimensioni (60 metri di lunghezza, 20 di larghezza, fino a 20 di altezza) pur se con un ingresso relativamente ridotto, si sarebbe formata a seguito di fenomeni carsici verificatisi circa tra gli 8 e i 10 milioni di anni fa, e rappresenta una fonte ricchissima di conoscenza sulla fauna della Sicilia preistorica.

Grazie all’analisi dei resti fossili degli animali ritrovati al suo interno, possiamo ricavare informazioni su quale fosse la fauna esistente, ricostruita in loco in un interessante percorso museale all’aperto: cervi, orsi, lupi, avvoltoi e altri volatili, tartarughe, ma anche cinghiali, buoi selvatici, roditori e volpi. Alcune specie frequentavano la grotta come riparo (iena, lupo, volpe) e per consumare le loro prede (cinghiale, daino, lepre), le stesse cacciate dalle comunità di umani che pure frequentavano la zona. Inoltre, sono anche presenti resti fossili di animali estinti come il bue primigenio, l’elefante, il cervo endemico, e il piccolo cavallo selvatico.

A questi si aggiunge una quantità consistente di gusci di conchiglia e chiocciole, verosimilmente resti di pasto che, oltre ricordare il periodo geologico in cui il mare arrivava fino a queste montagne, dimostrano l’integrazione dell’alimentazione umana costituita non solo da cacciagione e frutti selvatici. Infine, nell’area esterna antistante la grotta, quella del bacino lacustre, sono emersi numerosi resti di ippopotami (preistorici).

Oltre ai reperti fossili animali, numerosi anche quelli relativi all’industria litica rappresentata da molteplici strumenti in ossidiana, proveniente probabilmente dalle vicine Eolie, e dalle rocce autoctone del territorio, come la selce, usata per realizzare gli strumenti di piccole dimensioni, e la quarzite, per quelli di grandi dimensioni.

La grotta fu abitata da genti preistoriche in un arco temporale compreso tra i 12.000 e gli 8.000 anni a.C., che dal punto di vista culturale rappresenta l’ultima fase del Paleolitico Superiore italiano chiamato Epigravettiano finale, e comunque per lunghissimo tempo fino ad epoca moderna (passando per età del Bronzo e periodo greco e romano).

La particolarità e la grande importanza della grotta, che può essere considerato uno dei più importanti siti paleolitici del Mediterraneo, sono rappresentate dal ritrovamento delle prime sepolture paleolitiche siciliane, che al momento si possono considerare la più consistente testimonianza del primo popolamento umano della Sicilia ad oggi disponibile: resti scheletrici di sette individui, inquadrabili nelle specie Cro-Magnon o Homo Sapiens, a differente grado di completezza e conservazione, in totale cinque crani e due scheletri eccezionalmente completi, esposti in vari musei italiani. Esistono peraltro resti frammentari potenzialmente più antichi, come quelli provenienti dai siti di Fontana Nuova (RG) e Grotta dei Cervi, nell’isola di Levanzo (TP), per i quali però sussistono ancora problemi relativi alla datazione in associazione ai rilievi stratigrafici in cui sono stati ritrovati.

Tra gli scheletri completi di S. Teodoro, il reperto più importante è rappresentato dai resti fossili di una donna di circa 30 anni, alta 165 cm, vissuta tra 14 mila e 11 mila anni fa e alla quale è stato attribuito il nome di Thea (dal latino Theodora) per collegarlo a quello della grotta (Fig.1). Partendo dallo studio del teschio, attraverso sofisticate tecniche (dalla TAC sui reperti ossei al calco in gesso fino alla ricostruzione in argilla e alle rifiniture finali), e grazie alla collaborazione di antropologi e studiosi dell’evoluzione del Museo Gemmellaro di Palermo, è stato possibile ricostruire a livello tridimensionale il volto della donna, che possedeva lineamenti molto marcati con il viso oblungo e la mandibola sporgente (Fig.2). Inoltre, anche l’analisi dello scheletro ha restituito risultati positivi: le ossa si presentano integre e prive di logorii, quindi in vita non erano state soggette a particolari carichi di lavoro; gli studiosi ritengono quindi che lo stato della dentatura, quasi perfetta – cosa che suggerisce che Thea fosse priva di problemi masticatori e di alimentazione – e delle ossa portano a pensare che la donna doveva appartenere ad un ceto elevato e che, quindi, si possa trattare di una sacerdotessa o di una principessa preistorica. Per quanto riguarda le circostanze della morte, sembra avvenuta per complicazioni legate al secondo parto.

Il rituale delle sepolture (Fig.3) consisteva nella deposizione del defunto in una fossa poco profonda in posizione supina oppure sul fianco sinistro (come nel caso di Thea), con le braccia lungo i fianchi, circondato da ossa animali, piccoli ciottoli e ornamenti composti “dodici elementi di collana costituiti da dodici canini di cervo elafo perforati, trovati insieme ai resti dell’inumato e probabilmente facenti parte del suo corredo funebre” (Graziosi, 1947). In questo caso, se i canini di cervo “costituissero realmente una collana, si tratterebbe dell’unico soggetto femminile in possesso di denti animali attestato nella penisola italiana” (Gazzoni, 2010, p. 123). Una volta ultimata la deposizione, questa era ricoperta da un leggero strato di terra e cosparsa di ocra rossa.

Come evidenzia la paleontologa Prof.ssa Maria Laura Leone, le sepolture del Paleolitico superiore presentano molte caratteristiche comuni, come la scelta delle grotte per inumare i defunti, il rituale di sepoltura in sé, e gli ornamenti personali con cui era adornato il corpo. Un elemento essenziale che caratterizza la spiritualità e il simbolismo funerario è il grande uso dell’ocra rossa: si è constatato infatti che la persona defunta poteva essere distesa su un intero letto di ocra o anche esserne cosparsa completamente; in altri casi l’ocra era usata solo su alcune parti del corpo, di preferenza la testa, oppure si potevano aggiungere al corredo funerario dei ciottoli dipinti con questa sostanza. In numerosi casi, il capo era stato sicuramente macchiato di rosso: il colore dell’ocra, ricordando il sangue, simboleggiava la forza vivificatrice. Nel Paleolitico superiore l’ocra rossa, derivata dall’ossido di ferro, detto anche ematite naturale, era oggetto di commercio, e come la selce e le conchiglie era preziosa e per questo molto ricercata e importata da distanze considerevoli.

Le principali sepolture in Italia risalenti a questa epoca sono concentrate essenzialmente in Liguria, ai Balzi Rossi e alle Arene Candide. In Puglia sono presenti nelle grotte di Paglicci, Veneri, S. Maria di Agnano e Grotta delle Mura. Tutte, da nord a sud, presentano comuni denominatori rituali. Nel caso degli scheletri della Grotta di S. Teodoro, si rileva un esempio di notevole uso dell’ocra rossa, in cui lo strato raggiunge i 5 cm. Qui, inoltre, evidenzia la Prof.ssa Leone, è stata riscontrata l’abitudine, attestata anche altrove, di deporre delle pesanti pietre sugli arti dei defunti.

Note storiche

Le prime esplorazioni del sito di S. Teodoro ebbero luogo nel 1859 ad opera del suo scopritore, il paleoetnologo barone Francesco Anca di Mangalavite. Da allora si sono succeduti diversi sopralluoghi, sondaggi e campagne di scavo da parte di numerosi studiosi: Gemmellaro nel 1867, De Gregorio nel 1925, Vaufrey nel 1928. I primi resti umani, appartenenti ad un individuo completo, furono rinvenuti nel 1937, i resti ossei di scheletro praticamente intatto con la dentatura perfetta, e poi gli altri nelle campagne di scavo condotte dai Proff. Graziosi e Maviglia fino al 1942.

Il deposito della grotta era composto da una stratigrafia di terreni sovrapposti in cui si conservano i resti della frequentazione umana: focolari, ossa animali appartenenti per lo più a resti di pasto e un’abbondante industria litica appartenente alla fase finale del Paleolitico Superiore (circa 12000-8000 anni a.C.). Dopo il primo eccezionale ritrovamento al di sotto di un primo strato di terriccio sterile e un secondo di materiale organico (avanzi di cibo, carbone e selce), emersero i resti appartenenti ad altri sei individui, dei quali erano presenti soltanto i crani e pochi resti ossei, in genere articolazioni: solo un altro scheletro, scoperto sempre nel ’42 dagli stessi Maviglia e Graziosi  quasi completo in cui era stata asportata tutta la parte toracica fino al bacino (“Quando iniziammo lo scavo le ossa dell’anca affioravano nella sezione; trovammo quindi il bacino, gli arti inferiori al completo, l’avambraccio destro con l’estremità distale dell’omero, … del braccio sinistro rimanevano solo alcune ossa della mano, le quali giacevano al di sotto dell’osso iliaco come se il cadavere fosse stato inumato con la sinistra posta al di sotto della regione glutea … presso il femore sinistro all’altezza della mano, trovammo l’estremità di un ramo di corno di cervo e qua e la qualche altro frammento di ossa dello stesso animale … Essi davano l’impressione di essere stati deposti intenzionalmente accanto al cadavere …” (Graziosi, 1947). Nonostante i numerosi reperti emersi durante le prime campagne di scavo, fu solo negli anni ’80 che proseguirono gli studi con la Prof.ssa Laura Bonfiglio e iniziarono le ricerche anche sull’area esterna antistante la Grotta e il vicino Riparo Maria. Da questi scavi, durati fino agli anni 2000, emersero, a profondità variabili tra i pochi decimetri e i 5 metri, altri reperti fossili che testimoniano il succedersi degli avvenimenti geologici e la presenza di fauna di vario tipo. Risale sempre a questi anni la determinazione del sesso femminile ai resti integri di Thea.

Sempre in anni recenti, una revisione da parte del Prof. Mallegni con la collaborazione di Pier Francesco Fabbri della Scuola Normale di Pisa e Luigi Bachechi dell’Istituto italiano di Preistoria di Firenze dell’altro scheletro completo, che apparteneva ad una donna morta in giovane età (20-25 anni), ha evidenziato sulla faccia esterna dell’anca destra una traccia di una ferita con ancora i resti della punta in selce infissa in un osso. Secondo il Prof. Mallegni si tratta del più antico documento reale di ferita su resti umani, visto che risale al Paleolitico superiore finale, mentre fino ad ora erano stati rilevati solo segni di ferite senza sapere con quale arma fossero state procurate. Questo tipo di lesione nel Paleolitico superiore era infatti conosciuto solo attraverso le raffigurazioni dell’arte rupestre. A seguito di queste nuove analisi, gli studiosi hanno quindi ipotizzato la retrodatazione dell’uso di arco e delle frecce a circa 13 mila anni fa, cioè ben quattro millenni prima rispetto a quanto finora era stato supposto dagli archeologi.

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SCHEDA

Nome

Thea, la prima donna siciliana – Acquedolci (ME)

Oggetto

Tombe

Cronologia

A seguito di Spettrometria Gamma Diretta U/Pa la datazione rilevata per lo scheletro di Thea è attualmente di 10.000 ± 3.000 anni fa.

Località del ritrovamento

Grotta di San Teodoro nel Comune di Acquedolci – Provincia di Messina

Regione

Sicilia

Contesto ambientale

GrotteSepolture

Reperti esposti

Il reperto è esposto nel Museo Geologico Gemmellaro a Palermo, in Corso Tukory 131, tel. 091-23864665.
È possibile anche visitare l’Area Archeologica Grotta di San Teodoro, in Contrada Favara, tel. 334-1540706.

Stato di conservazione

Ottimo

Dimensioni

165 cm. di altezza

Condizione giuridica

Proprietà Stato

Bibliografia

  1. Laura Bonfiglio, Gabriella Mangano, Maria Clara Martinelli (a cura di) – I tesori della preistoria siciliana ad Acquedolci e alla Grotta di S. Teodoro – EDAS Messina 2005;
  2. Luca Sineo, Renzo Bigazzi, Giuseppe D’Amore, Giandonato Tartarelli, Carolina Di Patti, Antonella Berzero, Vera Caramella Crespi – I resti umani della Grotta di S. Teodoro (Messina): datazione assoluta con il metodo della spettrometria gamma diretta (U/Pa) – 2002;
  3. Paolo Graziosi –Gli uomini paleolitici della grotta di S. Teodoro (Messina)” – in Rivista di Scienze Preistoriche – n° 2 – 1947;
  4. Maria Laura Leone – “Filosofia dell’aldilà nel Paleolitico pugliese” in IPOGEI – Quaderni dell’IISS “S. Staffa” di Trinitapoli – dicembre 2006 – n.1;
  5. Valentina Gazzoni – Contributo alla ricostruzione delle identità regionali e della differenziazione sociale presso gruppi di cacciatori-raccoglitori paleo-mesolitici. Studio della ritualità funeraria in Italia e Francia e analisi degli isotopi stabili sul campione umano del versante alpino sud-orientale – Tesi di Dottorato – Università degli studi di Ferrara – 2010.
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