Si tratta di una serie di frammenti di statuine fittili femminili scoperte all’interno del villaggio neolitico antico di Favella della Corte a Corigliano, vicino Cosenza, nella piana di Sibari. Il sito è stato frequentato durante la prima fase del neolitico del sud est della penisola (VI millennio a.C.) e successivamente rifrequentato negli ultimi secoli del V millennio a.C. Le statuine, in totale 5 frammenti, sono state rinvenute all’interno di aree di scavo identificate come strutture abitative con evidenti tracce di combustione; questi ripetuti fenomeni di combustione, già riscontrati in altri siti neolitici (in particolare dei Balcani), hanno fatto ipotizzare, qui come altrove, un rituale di incendio della struttura abitativa che segnasse la fine del ciclo vitale delle capanne collegata alla scomparsa dei proprietari; come per gli incendi, lo stato dei resti delle statuine ha fatto ipotizzare pratiche di frammentazione deliberata, come in una sorta di defunzionalizzazione del sito riscontrabile in altri siti neolitici, come ad esempio nell’ambito della cultura Vinca.
I frammenti di statuine presentano un’iconografia unitaria, con il corpo troncoconico stilizzato nella parte superiore, e naturalistico nella parte inferiore, sia nella zona pelvica che nelle natiche. Essendo solo dei frammenti, si è ipotizzato per alcune che fossero in posizione seduta, forse accucciata, probabilmente in fase di parto, indiziato dalla pronunciata dilatazione del sesso e dal suo posizionamento verso il basso; per altre invece la postura è stante, ma condividono con le altre la resa iconografica. In uno scavo più recente è stato ritrovato un frammento di statuina (denominato Favella 3) che rappresenta la parte superiore del corpo, la testa ed il tronco con due piccoli seni appuntiti e le braccia unite sotto il seno, mentre manca completamente la parte inferiore. Questa statuina ha un’affinità stilistica con l’esemplare meno raffinato di Passo di Corvo in Puglia, soprattutto per quanto riguarda la testa ed i dettagli del volto e delle braccia e con un altro esemplare di statuina, quello di Grotta Pavolella a Cassano Jonico, quest’ultima probabilmente facente parte del manico di un vaso.
Note storiche
Il sito archeologico è stato individuato nel 1954 dal dottor Donald Brown, della Harward University e brevemente saggiato dall’archeologo Santo Tinè nel 1962, mettendo alla luce due abitati, appartenenti uno al Neolitico recente e l’altro a quello più arcaico (VI millennio). Gli scavi sono ripresi solamente nel 1990, ad opera della Soprintendenza Archeologica della Calabria e dell’Istituto di Scienze Archeologiche dell’Università di Genova e proseguiti fino al 2002, ad opera di diversi enti di ricerca, diretti da Santo e Vincenzo Tinè. E’ proprio a questo periodo che si fanno risalire le più importanti scoperte, soprattutto relativamente alla fase più antica del Neolitico che all’epoca in Italia era ancora poco conosciuta.
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