Sulle “Faccine” antropomorfe ritrovate nel Pulo di Molfetta (BA)

Sulle “Faccine” antropomorfe ritrovate nel Pulo di Molfetta (BA)

di Maria Laura Leone

Durante i lavori per la riapertura al pubblico del Pulo di Molfetta (Bari), nel 2020, sono emersi due ciottoli incisi il cui interesse rientra nell’ambito dell’arte preistorica (fonte). Il significato di arte, così come noi lo intendiamo oggi, è lontano da ciò che attribuiamo alla mole dei segni dipinti, incisi e scolpiti, su pietra, ossa e pareti rocciose, al chiuso e all’aperto, praticati prima dell’uso della scrittura alfabetica. Questa produzione, presente in tutto il mondo tranne che ai Poli, ci restituisce una parte del pensiero astratto di un lontano passato e il termine “arte” gli viene applicato per una sintesi di riferimento.

Il primo ciottolo recuperato (A), di maggiori dimensioni rispetto al secondo, è una testa intera senza il collo con incisi i tratti somatici di un volto sul davanti, sul retro è inciso un motivo a zig-zag; un fattore simbolico la cui valenza è spesso riferita all’acqua. Il viso è ridotto a un’arcata sopraciliare continua, comprendente il naso, mentre gli occhi e la bocca sono resi con una stretta fessura. Questo schema è detto a T facciale.

Il ciottolo A rinvenuto ad ottobre 2020 presso il Pulo di Molfetta (ph. La Repubblica – Bari)

Il secondo ciottolo (B) perfettamente rotondeggiante, ritrovato dopo breve tempo, è molto più piccolo e rappresenta solo gli occhi, il naso e un’acconciatura sul capo. La faccia non è completa, mancano la bocca e il mento, la decorazione a griglia sul capo continua anche sul retro della piccola pietra.

Il ciottolo B rinvenuto il 18 gennaio 2021 presso il Pulo di Molfetta (ph. La Repubblica – Bari)
Il ciottolo B nella vista frontale e posteriore (ph. molfettalive.it)

Le due faccine sono molto diverse nello stile e nella fattura sembrano appartenere a due orizzonti cronologici diversi: il ciottolo A al Neolitico, quello più piccolo (B) al Paleolitico o alla sua fase finale.

Le rappresentazioni con il T facciale si collocano tra Neolitico ed Eneolitico e la Puglia riporta alcuni esempi con le piccole statuine di Cala Scizzo (Monopoli)[1] e Grotta Pacelli (Castellana Grotte)[2] e l’idoletto eneolitico fallico-antropomorfo[3] di Arnesano (Lecce)[4].

Testina di Cala Scizzo (a sinistra) da Grotta Marina (BA) del 5.000 a.C. e di Grotta Pacelli (a destra) da Castellana Grotte (BA) del 4.500 a.C.
Idoletto fallico antropomorfo da Arnesano (LE) del 2.400 a.C.

Per quanto riguarda gli occhietti a fessura i confronti sono sempre in Puglia, con la statuina femminile di Canne della Battaglia (Museo di Canne, Barletta), quella di Passo di Corvo (Museo di Manfredonia)[5] e la protome femminile di Grotta dei Cervi a Porto Badisco (Museo di Muso di Taranto).

Statuina di Passo di Corvo (FG) del 5.700-5.300 a.C. (ph. Gimbutas, 2008)
Protome con fisionomia femminile, proveniente da Grotta dei Cervi (Porto Badisco, Otranto, LE)

In ognuno di questi esemplari gli occhi sono chiusi, come nei soggetti immersi in una condizione estatica o meditativa[6]. Nella statuina di Passo di Corvo tale immersione è ancora più d’effetto per via della bocca socchiusa. Un ulteriore confronto per gli occhi a fessura si può avanzare con le figurine neolitiche della cultura Yamurkiana di Shaar Golan in Israele, dove un centinaio tra ciottoli incisi e statuette di creta hanno i volti schematizzati con tratti a fessura. Alcuni di questi reperti riproducono anche organi sessuali, maschili e femminili, e sono stati collegati a qualche rito magico o culto della fertilità[7].

Figure neolitiche su ciottoli, Biblo (scavi Dunand; ph. Anati, 1963)

Per quanto concerne il ciottolo più piccolo, la fisionomia col naso a pilastrino e occhi circolari è abbastanza singolare, ma non rara, invece l’acconciatura a griglia la ritroviamo nel Paleolitico superiore, specie in ambito gravettiano (intorno ai 25.000 anni fa). Il confronto più puntuale è con la testina di Brassempouy[8], detta la dama col cappuccio ma anche con una venere trovata nel 2019 a Renancourt (Amiens, Francia)[9].

Testina in osso da Brassempouy (Francia) del 30.000/20.000 a.C. (ph. J. G. Berizzi)
Statuina in gesso da Renancourt ad Amiens (Francia) del 21.000 a.C.

Su queste figurine la testa è decorata con un tipico copricapo elaborato, individuato anche su donne paleolitiche sepolte in grotta, come la “mamma di Ostuni”[10]. In questi due casi si tratta di una cuffietta realizzata con piccole conchiglie cucite, ricoperta da una fitta coltre di ocra rossa; un’altra analogia è con la celebre venere di Willendorf.

Statuina in pietra calcarea con tracce di ocra rossa da Willendorf (Germania) del 24.000-20.000 a. C. (ph. Don Hitchcock)

Tale acconciatura potrebbe essere un segno di distinzione propriamente femminile all’interno di una compagine o gruppo sociale, legato alle contingenze artistico-spirituali-sepolcrali in caverna[11].

Su entrambi i ciottoli, la volontà di rappresentare un’entità precisa è molto vaga ma entrambi riportano un volto forse femminile o infantile, invece che maschile. Infatti, il viso maschile lo troviamo raffigurato nell’arte paleolitica ed ha sempre la barba.

Le due espressioni facciali di Molfetta non esplicitano una relazione diretta con la sfera della fertilità o fecondità, ma potrebbero richiamare una concettualità antropomorfica, ancora da inquadrare, che non escluderebbe quella di genere apotropaico e/o votivo. La datazione è un punto cruciale su cui avanzare altre deduzioni. Il Pulo di Molfetta, o anche voragine carsica non dissimile da quelle di Altamura e Gravina, è stato indagato agli inizi del Novecento da Maximilian Mayer, e in tempi recenti dalla dottoressa Francesca Radina, dal 1995 al 2003[12]. Le testimonianze raccolte durante gli scavi inquadrano una frequentazione svoltasi tra Mesolitico e Neolitico medio e inferiore (VIII-IV millennio a.C.). Ci si auspica che le indagini dirette sugli oggetti forniscano ulteriori elementi a questa analisi stilistica. Saranno rivolti alla provenienza dei materiali, ai dettagli della tecnica esecutiva, ai parametri ergonomici della realizzazione dell’oggetto e altro ancora. Pertanto, non resta che attendere questi risultati e gli approfondimenti sul contesto di recupero. La datazione preliminare avanzata rientra nel contesto archeologico del Pulo.

Maria Laura Leone – 31 Gennaio 2021


Note

[1]Geniola – Tunzi 1980.
[2]Striccoli 1988.
[3]Leone 2000, fig. 2; p. 139.
[4]Graziosi, Cocchi Genic 1996, vol. 2, p. 245.

[5]Gimbutas 2008, fig. 36.

[6]Leone 2009, pag. 67, fig. 65.
[7]Anati 1963, vol. 2, pp. 307-9, figg. 8, 9, 10.

[8]Schwab 2008.
[9]Amiens.

[10]Coppola 2013; Leone 2006.

[11]Leone 2015, de Nardis 2021.
[12]Mayer 1904; Radina 2007.


Bibliografia

  1. Emmanuel Anati – La Palestina prima degli Ebrei – 2 volumi – Il Saggiatore (Milano) – 1963;
  2. Daniela Cocchi Genic– Manuale di preistoria – 3 volumi – Ed. Octavo (Firenze) – 1996;
  3. Donato Coppola – Il riparo di Agnano nel paleolitico superiore. La sepoltura Ostuni ed i suoi simboli – Ed. Terra – 2013;
  4. Alfredo Geniola, Anna Maria Tunzi – “Espressioni cultuali e d’arte nella Grotta di Cala Scizzo, presso Torre a Mare (Bari)” – 1980 – in Rivista di Scienze Preistoriche – XXXV – 1-2 – pp. 125-146;
  5. Marija Gimbutas – Il linguaggio della Dea – Ed. Venexia – 2008;
  6. Paolo Graziosi – La preistoria in Italia – 2 volumi – Sansoni (Firenze) – 1973;
  7. Maria Laura Leone – “L’ideologia delle statue-menhir e delle statue-stele in Puglia, e la concettualità del simbolo fallico-antropomorfo” – 2000 – in Quaderni dell’Associazione Lombarda Archeologica – pp. 119-145. Milano;
  8. Maria Laura Leone – “Filosofia dell’aldilà nel Paleolitico pugliese” – 2006 – in Ipogei – quaderni dell’IISS “S. Staffa” di Trinitapoli – Dicembre 2006 – n.1 – pp. 83-92;
  9. Maria Laura Leone – La Fosfenica Grotta dei Cervi. Arte, Mitologia e Religione dei pittori di Porto Badisco – Ed. l’Espresso (Roma) – 2009;
  10. Maria Laura Leone – “Messaggi femminili dalla preistoria dell’arte. Le artiste di Grotta Chauvet e Grotta dei Cervi” – 2015 – in Atti del Convegno “Marija Gimbutas. Vent’anni di studi sulla Dea” – Roma 9-10 maggio 2014 – pp. 145-157 – Italia;
  11. Massimiliano Mayer – Le stazioni preistoriche di Molfetta. Relazione sugli scavi eseguiti nel 1901 Bari 1904;
  12. Francesca Radina – Natura, archeologia e storia del Pulo di Molfetta – Adda (Bari) 2007;
  13. Catherine Schwab – La Collection Piette. Museé d’Archéologie national Saint Germain en Laye – Paris – 2008;
  14. Rodolfo Striccoli – Culture preistoriche di Grotta Pacelli – Castellana-Grotte – Ed. Schena – 1988;
  15. Alessandra de Nardis – La cuffia del Gravettiano – Pescara, 2021.
Print Friendly, PDF & Email