Trattasi di una statuina femminile ricavata da un unico blocco di argilla depurata di colore arancio, con tracce di pittura rossa (del tipo della ceramica a bande rosse) presenti sul volto, sulle spalle e su parte del collo. Il corpo ha un profilo trapezoidale vuoto all’interno, come se il corpo fosse ornato con una lunga veste a campana, con le spalle terminanti a linguetta a schematizzare le braccia in atteggiamento di devozione o ieratico.
Sulla parte anteriore del corpo due piccole protuberanze coniche sono a rappresentare i seni, mentre ai lati sono disposte 2 forme circolari dentellate del diametro di circa 2 cm. presenti anche sul retro della statuina che potrebbero essere accomunate al simbolo solare, relativamente diffuso nell’ambito degli schemi decorativi del Neolitico.
Sempre sulla parte anteriore, nella parte bassa è incisa una figura antropomorfa costituita da un motivo a doppia losanga con terminazione cornuta impostata su motivo a triangolo con linea doppia ed ai lati tre linee oblique per parte ad indicare probabilmente le mani; il dettaglio della figura antropomorfa con appendici cornute e braccia rivolte verso l’alto è riscontrabile in numerosi esemplari neolitici di decorazioni di ceramiche (come a Lama Marangia in Puglia) e di pitture in grotta (come gli antropomorfi di Porto Badisco in Puglia o di Grotta di Levanzo in Sicilia), quasi a rappresentare un simbolo consolidato di divinità o con particolari attitudini sciamaniche, rafforzando dunque la valenza cultuale del pezzo.
Il volto ha i connotati di una maschera, con gli occhi e la bocca resi da brevi tratti orizzontali impressi, il naso in rilievo appuntito che prosegue fino all’altezza della fronte mentre due tratti verticali sono posizionati alle estremità del volto come ad indicare una probabile acconciatura. Il retro del capo non ha alcun segno ma si presenta lacunoso per una piccola scheggiatura. In generale, la statuina ha molte affinità con quella di Passo di Corvo, sia per la resa del volto che per i caratteri simbolici rappresentati sul corpo (nel caso di Passo di Corvo sono da evidenziare i motivi a farfalla presenti al di sotto dei seni ed interpretati come attributi della divinità raffigurata); invece, nell’ambito della produzione figurativa neolitica orientale, la statuina di Canne ha affinità con quelle dei Balcani centrali di Vinca o di Butmir per via dell’impostazione rigida del corpo, testa a maschera e schema decorativo prevalentemente geometrico.
Note storiche
La statuina è stata ritrovata frammentata in due pezzi, ma nel complesso praticamente integra, nell’inverno del 1985, nell’ambito di attività di scavo eseguite all’esterno delle mura della Basilica paleocristiana a Canne della Battaglia, sito archeologico la cui memoria è legata al celebre scontro tra i Romani e Cartaginesi avvenuto nel 216 a.C. La giacitura apparve immediatamente come secondaria rispetto allo specifico contesto di rinvenimento, attribuita al Neolitico e probabilmente proveniente da zone limitrofe sulle quali sono presenti siti neolitici a ceramica impressa e dipinta a bande rosse, caratteristiche riscontrate nella statuina; tuttavia non è da escludere la sua provenienza dalla stessa collina dove è stata ritrovata, la quale è stata interessata nel tempo da diverse campagne di scavo in estensione che ad oggi non hanno ancora indagato in maniera approfondita gli strati più antichi.
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