E’ alle culture di Ripoli e di Serra d’Alto che risalgono le prime vere e piccole necropoli organizzate all’interno dei villaggi al centro dell’ampia area abitativa.
Le sepolture sono uno degli aspetti più peculiari della storia del Neolitico. Il rituale funerario del neolitico antico è caratterizzato da fosse semplici “… deposizione sul fianco sinistro, assenza di corredo, rara presenza di macine o cereali. Sempre in fosse ovali o circolari scavate nella terra o nella roccia, talvolta delimitate da pietre …” (da Giuliano Cremonesi, 1965).
Nel 1914 si scavò “… una striscia di terra nera lunga circa ottanta metri e larga circa otto metri …”, probabilmente al centro del sito, in direzione Nord Est – Sud Ovest. All’interno di tale striscia si rinvennero numerose sepolture in fosse definite da Messina “… capanne – sepolcro …”, ritenendo forse che gli inumati fossero stati posti sul fondo di capanne, ipotesi accettata per alcune di esse anche dal Rellini. “… Alcune fosse, stando a quanto riporta Rellini (1934) contenevano più scheletri e in una c’era la donna col cane, per la quale il confronto più immediato è con l’analoga sepoltura di Chiozza della cultura Vasi a Bocca Quadrata (De Buoi, 1940) …” (da Renata Grifoni Cremonesi, 2009).
Nel 1971 la sepoltura dalla Soprintendenza di Ancona (alla cui giurisdizione apparteneva allora l’Abruzzo) fu portata al Museo Archeologico di Chieti, restaurata ed esposta al pubblico. Oggi si trova al Museo archeologico di Teramo. Ai piedi dello scheletro di una donna adulta, che giace sul fianco sinistro come in quasi tutte le sepolture del neolitico, c’è lo scheletro di un cane in posizione quasi parallela ma capovolto rispetto alla donna. Una realtà singolare, a cui non è stata data però alcuna interpretazione e significato. Forse anche perché relativamente a tutte le numerose sepolture di Ripoli sono state formulate soltanto considerazioni di carattere generale. Solo la Grifoni Cremonesi azzarda una ipotesi sulla presenza di un cane come segno “… di distinzione sociale nel neolitico recente …” nel testo intitolato “Grotte, fosse, circoli di pietre, offerte vegetali e animali, acque e simboli: testimonianze di culti e riti nella Preistoria italiana”.
I dati sulle sepolture di Ripoli sono piuttosto incerti “… poiché lo scavo del Messina nel 1914 consistette nell’aprire lunghe trincee ma i materiali non furono tenuti distinti e non è quindi possibile ricostruire le associazioni di eventuali corredi e i rapporti reciproci tra le sepolture, né stabilire a quali fasi della cultura di Ripoli appartenessero …”.
“… Questa mancanza di documentazione nell’area centrale della Penisola, che contrasta con il buon numero di siti abitativi noti e con la quantità di sepolture conosciute per tutto l’arco del neolitico, potrebbe far pensare ad un tipo di rituale funerario che ha lasciato poche tracce, ma si tratta a questo punto di mere ipotesi … Bisogna inoltre considerare che verso la fine del periodo, in un momento di passaggio all’Età del rame, appaiono strutture monumentali e aree adibite a culti, testimonianze quindi di una grande importanza, attribuita al rituale funerario che sorgono su impianti precedenti neolitici ampliando e modificando le strutture più antiche …” (da Renata Grifoni Cremonesi, 2009). Quella grande importanza attribuita al rituale funerario nel neolitico sembra esprimere il sentimento di una continuità di esperienza fra la vita e la morte, con una forma rispettosa e senza enfasi, un semplice ritorno alla terra, una continuità di esperienza fra la vita e la morte, tanto da seppellire i morti al centro dell’abitato.


Note storiche
Per le note storiche vedi relazione “La Cultura di Ripoli“
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