Si tratta di quattro pendagli claviformi in avorio che fanno parte del corredo funerario della sepoltura del “Principe” delle Arene Candide, un giovane di 15 anni, robusto ed alto circa 170 cm., sepolto dopo una morte violenta, probabilmente causata dall’aggressione di un orso durante una battuta di caccia, con un colpo inferto alla mandibola ed alla spalla sinistra che infatti sono state asportate. Il giovane venne sepolto con tutti gli onori, su un letto di ocra rossa con un ricco corredo costituito da un copricapo formato da centinaia di conchiglie forate (del tipo Cyclope neritea) e alcuni canini atrofici di cervo, da una collana di conchiglie sul petto, da un bracciale al polso sinistro, da quattro “bastoni di comando” in palco di alce, oggetti così chiamati ma di cui non si conosce con certezza l’uso, ed una lama ricavata da selce originaria della Francia meridionale tenuta nella mano destra.
Dei quattro pendagli due (1 e 2) hanno la faccia posteriore piana mentre quella anteriore è bombata con incisi solchi paralleli nella porzione inferiore e piatti nella porzione superiore dove è presente un foro di sospensione; quello più grande era posto presso l’avambraccio sinistro mentre quello più piccolo presso il cranio, tra le conchiglie che formavano in origine il copricapo. Gli archeologi Ottavio Cornaggia Castiglioni e Giulio Calegari (1975) hanno proposto per questi due pendagli un’interpretazione originale, come stilizzazione del corpo femminile acefalo, presente in Europa nel modulo stilizzato di Gonnersdorf-Lalinde (vedi figura 3), nelle silhouette a “baguette” di Dolni Vestonice (vedi figura 4) e nelle sagome gravettiane a “violino” di Petersfels presso Engen (vedi figura 5) nelle quali viene data particolare rilevanza ai glutei, mentre testa e gambe sono ridotte a brevi appendici.
Gli ulteriori due pendagli (3 e 4) sono più piatti dei precedenti, caratterizzati da un corpo più espanso separato dalla testa con un solco all’altezza della gola, solco che probabilmente si è creato poiché l’oggetto era usato in sospensione. Dei due, uno presenta una faccia piano convessa coperta da una fitta serie di solchi paralleli e l’altro presenta una faccia leggermente piano concava, come se i due oggetti facessero parte dello stesso pendaglio che si è diviso in due parti in corso di lavorazione; infatti le facce combaciano in maniera complementare, realizzate da uno stesso frammento di avorio. Le teste invece sono diverse come se fossero state completate solo in un secondo tempo. I due pendagli erano posti a lato di ogni gamba della sepoltura, poco al di sotto del ginocchio. Nove pendagli molto simili a quelli trovati nella Caverna delle Arene Candide ma più piccoli sono stati trovati nella Barma Grande a Balzi Rossi, sempre in Liguria.
La ricchezza e la varietà del corredo funerario insieme all’eccellente stato di conservazione e la precisa collocazione stratigrafica hanno fatto della sepoltura un’importante fonte di dati archeologici, paletnologici ed antropologici. Bisogna però evidenziare che non è stata effettuata un’analisi del DNA, ma solo una diagnosi del sesso, che per uno scheletro di adolescente non garantisce la sua corretta attribuzione; pertanto, allo stato attuale delle indagini, non si può dire con certezza assoluta che sia uno scheletro maschile e, se così fosse accertato a seguito di analisi del DNA, sarebbe il primo uomo ad essere sepolto con un corredo tipico di sepolture femminili, come il copricapo fatto di conchiglie e l’ocra rossa sparsa sul piano di deposizione della sepoltura.
Note storiche
Le prime esplorazioni della grotta si ebbero nel giugno del 1864 ad opera di Arturo Issel, il quale resosi conto della grande potenzialità del sito promosse campagne di scavo che si protrassero dal 1864 al 1876. Nello stesso periodo prese parte agli scavi anche un suo allievo, Nicolò Angelo Andrea Morelli, a cui sono da attribuire importanti ritrovamenti avvenuti soprattutto in campagne successive svolte in autonomia, tra cui un elevato numero di sepolture neolitiche e la prima statuina fittile trovata nel 1886.
Un’intensa e più precisa attività di scavo venne però attuata da Bernabò Brea negli anni 1940-42 e 1948-50, lavoro che portò alla definizione della stratigrafia con l’individuazione delle diverse fasi culturali che si sono succedute nel sito. Negli anni 70 Santo Tinè con la collaborazione di Roberto Maggi continuarono ad esplorare i livelli del Neolitico Antico e Medio. Negli anni 90 sono state intraprese attività di salvaguardia del sito. Per approfondimenti sulla storia degli scavi vedi relazione “Arene Candide: storia degli scavi”. La caverna delle Arene Candide misura 70 x 20 metri e si presenta di forma allungata nel senso est-ovest, con l’apertura divisa in due da un enorme masso, attualmente saldato alla volta da concrezioni stalagmitiche. La parte interna è divisa in 3 zone: quella centrale più lunga e più stretta è chiamata “camera Issel”; quella a sinistra, la “sala Morelli”, ha forma circolare da cui si dipartono brevi cunicoli; quella a destra, la “sala Gandolfi” è di minori dimensioni, con l’ingresso segnato da un pilastro roccioso, ricco di concrezioni e stalagmiti.
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