La grotta è situata in Contrada Scaloria, nei pressi dell’attuale Palazzetto dello Sport, nell’immediata periferia nord di Manfredonia in provincia di Foggia.
Di particolare interesse è la parte bassa della grotta, sede di un antico culto delle acque. L’area fu oggetto di indagine nel 1967 ma solo a seguito degli scavi del 1979, eseguiti nella parte alta della grotta, è stato possibile dare un’interpretazione più completa dei reperti.
In varie aree della grotta sono stati ritrovati numerosi vasi, con una massima concentrazione nella parte bassa, laddove c’era un’area pianeggiante con al centro una vaschetta rettangolare intagliata nel fondo roccioso, delle dimensioni di 90x50x15 centimetri, che continuava a raccogliere le acque di stillicidio della volta soprastante. Nelle vicinanze di questa vaschetta è stato ritrovato un ampio focolare con evidenti resti di pasto a dimostrazione che quest’area era stata uno dei principali luoghi di sosta dei frequentatori neolitici della grotta. Ulteriori vasi erano disposti attorno ad una stalagmite spezzata in antico, la cui parte alta era adagiata sul fondo della grotta ed il cui troncone di base conservava tracce di un vaso posto originariamente su di esso; altri vasi sono stati trovati nel raggio di un paio di metri attorno al troncone stalagmitico, spesso ridotti in frantumi e sparsi al suolo, per i quali si è ipotizzato che originariamente fossero posti direttamente sul fondo roccioso. Per questi ultimi non è chiaro se fossero destinati anch’essi ad accogliere le acque di stillicidio della grotta o se fossero dedicati a contenere offerte votive. Questi ritrovamenti hanno fatto ipotizzare un cerimoniale connesso ad un particolare culto dedicato alle acque di stillicidio, una sorta di “culto eccezionale” collegato ad “eccezionali” condizioni climatiche che probabilmente si vennero a creare in quell’epoca nel Tavoliere, tali da stimolare richieste di mediazione alla divinità, ritenuta capace di far sgorgare l’acqua dalla roccia. Risulta molto difficile ricostruire precisamente delle pratiche rituali o cultuali riferite a periodi così antichi solo sulla base degli indizi e dei dati archeologici, si può solo tentare, con tutti i limiti, di intuire le espressioni di un pensiero religioso sicuramente molto più complesso di quanto attestato archeologicamente.
Nella parte terminale della grotta sono stati individuati alcuni laghetti, presso cui però non è stato trovato alcun materiale archeologico; l’unico rinvenimento è quello di uno scheletro umano in posizione seduta con le gambe stese ed una frattura al collo del femore, per il quale sì è ipotizzato un incidente e che l’uomo sia rimasto bloccato sul posto viste le difficoltà di risalita. Santo Tinè, l’archeologo che per primo svolse indagini sistematiche al sito, ritenne che questi laghetti avessero una funzione nel culto, anche se si assodò che solo uno di essi, quello situato nella parte terminale della grotta, era presente all’epoca, mentre gli altri erano di formazione più recente; il carattere sacrale attribuito dai neolitici al laghetto era in stretto legame con la vaschetta artificiale che sembrava riprodurre la formazione lacustre.
Le ceramiche ritrovate nel complesso di Scaloria Occhiopinto costituiscono un punto di riferimento importante per la storia del neolitico mediterraneo, tanto che è stato definito lo “Stile Scaloria Bassa” per il materiale ritrovato nella parte cultuale, quella bassa, e “Stile Scaloria Alta” per il materiale ritrovato dal Quagliati nella parte alta della grotta.
Allo “Stile Scaloria Bassa” appartengono sia vasi decorati a bande rosse semplici, sia a bande marginate con motivi in nero ottenuti in negativo, una tecnica definita da Tinè “a cancellatura”, in quanto, nei punti dove non si vuole che il nero aderisca al vaso, viene stesa una pasta preparata con grasso animale; successivamente, su tutta la zona da decorare, viene steso il colore nero che, in fase di cottura, scompare per combustione del sottostante strato di grasso laddove presente, mentre nella parti dove non c’è grasso compare la decorazione, motivo per cui viene definita decorazione in negativo. Questo stile è stato rinvenuto anche a Passo di Corvo e a Catignano, in Abruzzo.
Lo “Stile Scaloria Alta” è stato identificato da Tinè come quello ritrovato già da Quagliati nella parte alta della grotta, ossia una ceramica figulina a bande rosse marginate da linee nere che formano motivi decorativi a meandro, ad uncino, a tinta piena. A tal proposito, la Gimbutas analizzando i reperti ceramici e gli elementi decorativi propose una lettura molto particolare: “… i disegni dipinti appaiono in una grande varietà di forme: il motivo dominante è una “V” (un triangolo o un becco). Questo simbolo appare in una moltitudine di combinazioni. Abbiamo contato oltre cinquecento vasi con questo simbolo. La “V” è conosciuta come il simbolo della Dea Uccello, che ha inizio almeno quindicimila anni fa … Nel simbolismo di Scaloria è evidente che il motivo a “V” o “chevron” è frequentemente intrecciato con il serpente e con il motivo a pelle di serpente. Questo corrisponde in generale ai reperti di altre zone d’Europa sud orientale dove sono ampiamente rappresentate dee uccello e dee serpente. Esse sono conosciute come una o due divinità. Possiamo supporre che le genti di Scaloria venerassero una dea nella forma di un uccello d’acqua o di un serpente …” (M. Gimbutas, 1981). Ed ancora, nel libro “Il linguaggio della Dea” (Milano 1990, pag. 222) scrive: “...Vi erano raccolti più di 1500 vasi, integri o in frammenti, dipinti con motivi a uovo, pianta, serpente, triangolo, clessidra, V e chevron. Molti erano poggiati alla base delle stalagmiti, in fondo alla caverna stretta sottostante. Nella caverna superiore, attigua all’entrata di quella inferiore, furono rinvenuti 137 scheletri, molti dei quali in una sepoltura collettiva e con tracce di tagli particolari alla base dei teschi. Forse vi venivano celebrati i Misteri della Morte e Rigenerazione. Il ciclo di rigenerazione è riflesso nella forma uterina della grotta, nell’acqua vitale in basso e nelle stalagmiti in costante processo di formazione…” La complessità delle decorazioni delle ceramiche fu di stimolo per la Gimbutas per uno studio sul sistema simbolico delle società neolitiche del Tavoliere, che l’Autrice poneva in relazione con il patrimonio di derivazione balcanica e greca.
Nella parte alta della grotta furono ritrovati resti di sepolture, principalmente neolitici ma anche dell’età dei metalli. Sono state individuate cinque differenti tipologie di trattamento dei defunti:
- Sepolture singole con corredo, ritrovate durante gli scavi Quagliati degli anni 30, con alcuni vasi integri di ceramica tricromica;
- Sepoltura singola senza corredo, ritrovata nella parte centrale del camerone e riferibile ad una donna adulta datata al 5322-5017 a.C.;
- Sepoltura individuale senza cranio di un bambino di circa 5-7 anni, databile al 5463-5221 a.C. ritrovata verso la parete di fondo del camerone;
- Deposizioni secondarie di porzioni di scheletri;
- Deposizioni secondarie collettive costituite da resti sconnessi sparsi sulla superficie, alcuni provenienti da scheletri completi ed altri frutto di ri-deposizioni, tutti datati al 5500-5200 a.C. In particolare, per alcune ossa si sono riscontrati segni di rimozione dei tessuti molli residui, in genere effettuati su resti scheletrici freschi, ossia entro i primi sei mesi-un anno dal decesso. Nella grotta sono stati trovati anche gli utensili utilizzati per operare queste scarnificazioni.
I ritrovamenti hanno confermato l’ipotesi che il camerone Quagliati fosse utilizzato come una necropoli e che i resti umani siano appartenuti a popolazioni vissute in villaggi distanti 15-20 km che, dapprima seppelliti in altro luogo, venivano disseppelliti selezionando particolari ossa, ripuliti dei residui in decomposizione e successivamente sepolti a Scaloria insieme ad oggetti del defunto, un rito riscontrato anche presso antiche civiltà ma per la prima volta in una civiltà preistorica europea. Grotta Scaloria è stata quindi identificata come uno dei complessi funerari e rituali più elaborati del Neolitico italiano, come probabile destinazione di un pellegrinaggio cultuale da parte delle comunità insediate nei villaggi trincerati del Tavoliere.Particolari del culto delle acque: vasi posti accanto a tronconi di stalagmiti spezzate (ph. S. Tinè, E. Isetti, 2013)















Note storiche
Le notizie storiche riguardanti i ritrovamenti sono descritte nel saggio “Il culto delle ossa a Grotta Scaloria”.
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