Si tratta di una figura femminile molto particolare, rinvenuta durante gli scavi del 1974, diretti da Bernardo Bagolini, contro la parete dove è stato ritrovato lo strumento a fiato istoriato ricavato da un femore umano; è stata realizzata su un molare inferiore sinistro di cinghiale, decorata solo su un lato, adeguando la rappresentazione alla forma del dente.
In merito M. Gimbutas scrive: “… Il legame magico tra il cinghiale e la Dea è svelato da una statuetta ritrovata nello strato neolitico della caverna di Gaban, nel nord dell’Italia, ricavata dal terzo molare inferiore di un cinghiale. Per l’immagine fu utilizzata la parte inferiore del dente. La sezione contenente le radici venne ripulita raschiandola, lasciando una superficie spianata ma con qualche cavità e protuberanza, che divennero l’utero e i seni. La figura rammenta il tipo di statuette – già descritto – che chiamo “nudo rigido”, in cui braccia e gambe sono accostate e il ventre viene enfatizzato. Sull’utero ci sono 13 incisioni, forse un conteggio dei mesi lunari in un anno o il numero di giorni della luna crescente…” (M. Gimbutas, 2008). La scelta di riprodurre la statuina su un dente di cinghiale ha una forte tradizione mesolitica, così come il dettaglio della vulva esposta dilatata (come fosse collegata alla postura del parto), che si ritrova in diversi esempi di statuine del Paleolitico, Gravettiano e Magdaleniano.
Dallo stesso strato proviene un femore umano destro, magistralmente manipolato per allargare il canale midollare, decorato in superficie con motivi geometrici suddivisi orizzontalmente in 3 sezioni: nella parte superiore è raffigurato un volto umano con caratteristiche simili al ciottolo antropomorfo, con gli occhi realizzati con fori passanti; i settori mediano e inferiori sono caratterizzati da decorazioni geometriche (triangoli, zig-zag, chevron e losanghe); ogni settore è separato da un fregio ad S ricorrente. Sono state fatte varie ipotesi sulla funzionalità dell’oggetto, ma quella più plausibile è che sia uno strumento musicale a fiato; soffiando nel foro superiore si ottiene un suono corrispondente alla nota del Sol, così come è stato sperimentato presso il Conservatorio di Firenze. In proposito M. Gimbutas scrive: “… Questo presumibile strumento a fiato è ricavato dalla diafisi di un femore umano destro e indica l’associazione della Dea uccello con la musica. Nella parte superiore è raffigurata una maschera di Dea Civetta con grandi occhi rotondi; gli occhi sono due fori. Le sezioni centrale e inferiore sono decorate con pannelli di chevron multipli, triangoli striati, bande di zig-zag e di rombi e linee ondulate. Il volto ritratto sulla maschera ha un lungo naso sagomato a becco …” (M. Gimbutas, 2008).
Note storiche
Il Riparo Gaban si trova in località Piazzina di Martignano, nella periferia a nord est della città di Trento, su un’area pianeggiante posta sotto una sporgenza di roccia naturale di circa 10 metri di altezza, 6 di profondità e 60 di lunghezza. La particolare esposizione, protetta dai venti del nord, ha favorito la frequentazione del sito in età preistorica, attestata con una certa continuità dal Mesolitico (7500 a.C.) al Bronzo medio (1600 a.C.). I primi sondaggi sono iniziati nel 1962 quando, il Direttore del Museo locale degli Usi e Costumi Giuseppe Sebesta, incuriosito dai reperti ceramici che affioravano in loco, ha effettuato il primo scavo esplorativo senza però alcun risultato. La prima vera campagna di scavo è iniziata solo nel 1970, sotto la direzione di Bernardo Bagolini, allora Direttore della sezione di Preistoria del Museo di Scienze Naturali, proseguita con campagne annuali fino al 1981, grazie alla disponibilità del proprietario del sito, il signor Richetto Pasquali, soprannominato Gaban per via del fatto che amava portare un “Gaban”, un mantello, che quindi ha dato il nome al riparo. Sin da subito è stata realizzata una struttura di copertura dell’area di scavo, consentendo così l’allestimento di un cantiere permanente, che ha messo in luce un’imponente sezione stratigrafica di circa 6,00 ml ancora visibile in loco; si rileva che ancora oggi non è stato raggiunto il livello base del Mesolitico. Tra il 1982 ed il 1985 gli studi sono stati approfonditi sul livello mesolitico, sotto la direzione di Bernardo Bagolini, Alberto Broglio e Stephan Koslowski. Dal 2007 gli scavi sono sotto la direzione di Annaluisa Pedrotti dell’Università degli Studi di Trento, con la collaborazione di Diego Angelucci e Fabio Cavulli. L’area oggetto di scavo è posta a ridosso del riparo, su una superficie di circa 60 mq, divisa in 5 settori; sono stati trovati numerosi oggetti d’arte, sia nei depositi del Mesolitico che del primo Neolitico facendo così del Riparo Gaban uno dei principali siti di riferimento a livello internazionale per lo studio del processo di neolitizzazione, ossia del passaggio dai gruppi nomadi di cacciatori-raccoglitori ai gruppi sedentari di allevatori-agricoltori.
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