La statuina realizzata in marmo è quasi integra, presenta scheggiature alla nuca e all’estremità inferiore nell’angolo sinistro e mancano le braccia dall’altezza della spalla al goito. In stile geometrico planare rappresenta l’elemento di spicco del corredo di un defunto inumato in posizione rannicchiata; ha la testa tondeggiante con naso a listello sfumato verso la fronte e arcuato sul dorso. Il busto ha schema a trapezio con le braccia ripiegate all’altezza della vita, anche se sono mancanti se ne legge lo stile. L’estremità inferiore termina ad appendice tondeggiante. Una particolarità è la presenza di sei incisioni verticali sulla parte superiore della spalla sinistra a costituire una sorta di addobbo, simile a quello scolpito sul dorso della statuina di Portoferro.
Note storiche
La scoperta della necropoli avvenne casualmente ad agosto del 1953 a seguito di attività agricole nel terreno di proprietà del sig. Angelo Chessa; ne venne informato l’archeologo Ercole Contu che all’epoca stava scavando nel vicino sito di Monte d’Accoddi, pertanto affidò l’incarico alla giovane archeologa Maria Teresa Amorelli dell’Università di Roma. La piccola necropoli includeva quattro ipogei a domus de janas scavati in un pianoro calcareo. La Amorelli intraprese lo scavo il settembre dello stesso anno, con molte difficoltà visto che l’ipogeo era quasi interamente interrato e soprattutto inizialmente non emersero materiali importanti, ragioni che indussero la Amorelli a rinunciare all’incarico quando rimaneva da esplorare il solo settore nord del vano “d” della tomba. A questo punto i lavori vennero ripresi da Ercole Contu che raccolse superficialmente frammenti di vasi attribuibili alla cultura di Monte Claro, un frammento di accettina litica verde e alcuni strumenti in selce ed ossidiana. Sotto il primo strato rinvenne un primo cranio umano dolicocefalo ed un secondo nella parte più interna della cella, in prossimità di due pietre calcaree di forma tondeggiante insieme ad alcuni vasi inornati di cultura Campaniforme. Nello strato sottostante rinvenne i resti ossei di un terzo inumato disteso sul fianco destro, anch’esso con il cranio dolicocefalo, insieme a vasi di cultura Campaniforme con un prezioso decoro impresso a punti; poco più in basso trovò la statuina. Per la preziosità del materiale trovato ed in omaggio alla “poca fortuna” della Amorelli il Contu le intitolò l’ipogeo. La necropoli è stata, successivamente re-interrata ed ora è segnata solo da un accumulo di pietre e terra che la ostruisce in mezzo ad un campo coltivato; risulta pertanto inaccessibile.
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