Si tratta di una statuina femminile con due teste su un unico corpo. Le braccia, di cui una mancante, sono rese con un piccolo occhiello laterale non completamente forato; le gambe cilindriche, di cui la destra è mancante, terminano con una leggera svasatura a “zampa d’elefante”. Le natiche sono molto evidenziate ed in misura minore i seni, mentre un piccolo foro indica l’ombelico. Le teste hanno una forma a “fungo” con due piccole protuberanze che indicano i nasi. La figurina è modellata a mano, in argilla grigio giallastra con qualche raro frammento di quarzo nell’impasto, rivestita di un sottile strato d’argilla levigata che si è conservato solo sulla testa sinistra ed in ampie zone della parte inferiore del corpo; superficialmente si presenta di colore nerastro, mentre nello strato più profondo è di colore rosso mattone. La decorazione è ottenuta a graffito o ad incisione sulla parte superficiale, solo alcune tracce si sono conservate anche nell’impasto sottostante, in generale quando il solco è particolarmente profondo, ma quasi ovunque il deterioramento della parte superficiale nera ha compromesso la leggibilità dei motivi ornamentali che vi sono incisi. Sulle teste vi sono motivi decorativi a “V”, interpretati come dettagli dell’acconciatura. Idoli bicefali sono noti nell’area balcanica (figura bicefala a testa di uccello dell’insediamento di Vinca, figura bicefala da Gomolava nel nord della Jugoslavia), in Romania (doppia figura maschile e femminile da Gumelnita, connessa dalla Gimbutas al rituale delle nozze sacre), in Siria (immagine bicefala da Tell Brak) ed in Turchia (immagine femminile bicefala di Catal Huyuk).
Note storiche
Rinvenuta nel pozzetto VI di Campo Ceresole, area dove è stata concentrata una campagna di scavo estesa a n. 6 strutture, individuata grazie alla scoperta sul terreno, a seguito di interventi di aratura, di materiale antropico. Il pozzetto VI è risultato povero di altri reperti, mentre negli altri pozzetti sono stati recuperati materiali litici, strumenti e ceramiche tipiche della cultura del Vho di Piadena.
Lo scavo è stato effettuato da Bernardo Bagolini e Paolo Biagi, commissionato dalla Soprintendenza Archeologica della Lombardia nel 1976; i materiali sono stati collocati nel museo dove attualmente si trovano. Successivamente, nel 1977 è stata effettuata un’ulteriore campagna di scavi nella stessa località ed è stato trovato un frammento di un’altra statuina (pozzetto XVIII); si tratta della sola parte inferiore del corpo e della gamba destra e presenta le stesse caratteristiche di superficie e di impasto di quella ritrovata nel 1976, di cui ripete i canoni estetici. Un ulteriore frammento è conservato al Museo Pigorini di Roma e fa parte delle ricerche della fine dell’800 con indicazione generica di provenienza da San Lorenzo Guazzone, la località dove sono stati effettuati tutti gli scavi; molte sono le similitudini con la Venere bicefala (motivo a rilievo a V, espansioni laterali a linguetta, la posizione dei seni), anche se presumibilmente la statuina è singola. Ad oggi nessuna statuina è stata recuperata integra o reintegrabile e per le caratteristiche di giacitura si suppone che siano state deposte nelle cavità antropiche insieme agli altri resti culturali.
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