di Joan Marler
Tratto da Joan Marler – From the Realm of the Ancestors. An Anthology in Honor of Marija Gimbutas – Knowledge, Ideas and Trends Inc. – 1997
L’ampia varietà di voci raccolte in questo volume rappresenta un tributo allo straordinario spessore e profondità della ricerca svolta da Marija Gimbutas. Coloro che hanno avuto il privilegio di conoscere Marija di persona ricordano una donna di grande calore e spontaneità, accompagnate da una vitalità apparentemente senza fine. Lei ha coltivato molte profonde e durature amicizie durante la sua vita ed ha alimentato lo sviluppo intellettuale di innumerevoli studenti durante un quarto di secolo di insegnamento. Anche chi non è stata/o formalmente sua allieva/o la considerava una mentore e un’amica. Tra queste, Vicki Noble e io stessa.
Andavamo spesso a trovare Marija nella sua casa vicino a Los Angeles, quando lei era costretta a letto. L’ultima nostra visita avvenne tre giorni prima della sua morte. Perfino in quel momento Marija emanava un senso di pace ed era completamente presente. Uno dei suoi pensieri riguardava il destino del suo ultimo manoscritto non ancora terminato, che successivamente è stato completato con molta cura da Miriam Robbins Dexter. E aveva anche un desiderio: che fosse creato in California un archivio per accogliere e conservare tutti i suoi libri e i documenti utilizzati durante la sua vita professionale. Tutto ciò (nel momento in cui veniva realizzato il volume in suo onore, n.d.T.), con la denominazione “Biblioteca e Archivi Joseph Campbell e Marija Gimbutas” presso il Pacifica Graduate Institute di Carpinteria in California, vicino a Santa Barbara. Il primo archivio contenente i documenti personali di Marija è invece consultabile a Vilnius, Lituania, presso l’Università di Vilnius.
Quello che segue è un breve scambio di idee con Vicki Noble per tentare una sintesi dei numerosi temi che emergono da questo libro.
Joan Marler: A partire dal punto privilegiato in cui ci troviamo alla fine di questa antologia, il filo del discorso che si dipana attraverso tutti i contributi delinea un vasto paesaggio che si estende indietro nel tempo, all’Europa Antica. Lì, come da un crinale del mondo, da Marija in poi siamo in grado di leggere l’evolversi degli accadimenti che in genere rimangono nascosti nelle narrazioni storiche tradizionali.
E la domanda che mi viene da porre è su come continuare da questo nostro presente verso il nuovo millennio.
Vicki Noble: Una delle mie allieve un giorno mi ha detto: “Mi sento come fossi una persona arrivata sull’orlo di un abisso, e che invece di cercare di saltarlo si aggira lungo i suoi bordi.” La mia risposta è che dobbiamo avere il coraggio di fare il salto in ciò che non conosciamo. Per farlo possiamo trarre ispirazione da Marija, che in queste situazioni dava prova di un estremo coraggio.
Joan: Uno degli esempi che ci ha lasciato era proprio la sua capacità di essere originale e la volontà di superare i confini accettati da tutti quando era necessario per essere fedele alle sue intuizioni e alla sua autorità interiore.
Vicki: Il coraggio e l’autorità interiore di cui parli sono un modo di esprimere l’interezza a un livello elevato, che Marija certamente possedeva. Non sono interessata all’autorità patriarcale che le donne assumono quando raggiungono un certo riconoscimento esterno. Sono interessata al potere autentico che emana dall’interno di chi ha raggiunto una posizione visionaria, creativa e curativa, che in India viene chiamata Shakti.
Joan: Questo ci porta direttamente al tema della Sovranità, che appare diverse volte all’interno di questo libro.
Vicki: Certo. L’interezza è la fonte della Sovranità, per quanto molti ne abbiano paura, specialmente le donne. Sono persone che confondono l’autorità con l’autoritarismo. Io ho sempre pensato che una vera autorità femminile, una sovranità femminile, è di fondamentale importanza ai nostri tempi.
Joan: Vi è una definizione poco comune di interezza nei saggi di Oliver Gouchet, Kristina Berggren e Patricia Reis, in una antologia che mescola maschile e femminile. Ad esempio, nella scultura europea del Paleolitico, del Neolitico e della prima Età del Bronzo, il corpo femminile a volte assume una forma fallica, e nel mito si riscontra una fluidità dei generi che può essere letta come androginia sacra. È difficile comprendere a fondo il significato di femmina/maschio come espressione di interezza nel nostro modo di pensare attuale così polarizzato. Perfino la formulazione junghiana di anima e animus perpetua gli stereotipi sui comportamenti maschili e femminili. Non sono assolutamente d’accordo con la nozione che se un maschio è gentile ed ha capacità di cura si comporta come una donna, oppure viceversa, che se una donna è potente e centrata sta esprimendo una natura profondamente maschile.
Tutti questi aspetti sono semplicemente attributi umani. Gli stereotipi culturali sui comportamenti maschili e femminili rappresentano un limite alla varietà delle capacità delle persone. Forse chi ha creato queste immagini androgine non era condizionato/a da criteri così categorici come quelli vigenti ai giorni nostri.
Vicki: In alcune culture sembra esserci una comprensione concettuale del fatto che “femminino” può riferirsi sia ai maschi che alle femmine. In Asia, ad esempio, il Tao contiene al suo interno maschile e femminile. Penso anche alla Dakini Nera tibetana, che brandisce una lama a forma di falce di luna in una mano e nell’altra un bastone da cui pendono tre teschi. Il bastone, secondo Tsultrim Allione, è simbolo della sua energia mascolina integrata. Esiste anche un’immagine in un tempio indiano di una donna che danza con un serpente che fuoriesce dalla sua vulva. Gli studiosi occidentali definiscono “fallici” questi motivi, ma in India sono percepiti come aspetti della potenza femminile. Forse le antiche immagini di donna con “testa a fallo” sono portatrici di alcune di queste informazioni codificate.
Joan: È una cosa affascinante sulla quale riflettere, e sono d’accordo con te su ciò che hai detto prima, che l’interezza è la fonte della sovranità. Si trattava di qualcosa di veramente centrale nelle culture della dea.
Vicki: Si, e si può vedere nel motivo della madre sul trono, ad esempio nella piccola scultura in terracotta proveniente da Catal Huyuk della donna seduta tra due felini. Non so se stia partorendo, anche se molto deriva proprio da questa capacità. Per me va bene pensare che sia così, poiché dare la vita è l’atto creativo primario. La Madre è intrinsecamente doppia, poiché genera sia maschi che femmine. Tuttavia, non penso che la sovranità sia basata sulla capacità generativa. Penso che la sovranità sia innata e basata su tutte le sue capacità di rigenerazione. Vorrei ricordare ciò che Marija ha sempre detto in proposito: “Non si tratta di fertilità ma di rigenerazione”.
Joan: Questa idea di “dea della fertilità” e del dare la vita rappresenta un punto dolente per alcune donne del movimento femminista, anche se nemmeno una Dea, in quanto tale, costituisca un’immagine appropriata per le donne della nostra epoca.
Vicki: In parte sono d’accordo con questa posizione, poiché il movimento della dea ha magnificato la fertilità e la riproduzione e ha sentimentalizzato il femminile. È vero, mettere al mondo è un atto incredibilmente potente, ma è stato cooptato nel comodo stereotipo occidentale della donna che nutre e cura, e da qui proiettato all’indietro fino alla Dea. Diffonde il potere di una icona. Per questo le femministe accademiche l’hanno rifiutata, in quanto banale e regressiva.
Joan: Un’immagine di Dea che certamente non è minacciosa.
Vicki: Certamente. Come la Vergine Maria con in più una componente leggermente erotica propria del modo super-erotizzato con cui gli uomini amano guardare le donne, non in maniera profonda, potente e olistica che comprende un’autorità personale senza compromessi. È questo tipo di autorità non apologetica delle donne – e di autogoverno che ne deriva – che deve aver posto le basi delle culture matristiche che Marija ha svelato con il suo lavoro. Io sono convinta che le donne di oggi hanno bisogno di crescere fino a raggiungere il ruolo di guida – delle famiglie, delle comunità e del mondo del lavoro. Abbiamo bisogno di trovare e dare voce a tutta la gamma delle nostre conoscenze e riflessioni, anche se ciò talvolta può non essere piacevole.
Joan: Le espressioni del potere femminile sono spesso negate e distrutte dalle donne quanto dagli uomini, come Mary Condren descrive bene in questo volume.
Vicki: Noi stesse siamo intimorite dal fiero aspetto che possiamo assumere, poiché esprimerlo rompe un tabù della nostra cultura, su cosa sia bello e adatto per le donne. Se pensiamo che dobbiamo essere sempre dolci e nonviolente, può essere terrificante trovare – ed esserlo inaspettatamente – un’Amazzone irata in qualche angolo inesplorato della psiche!
Joan: Si, però se non l’abbracciamo coscientemente, corre il rischio di emergere anche contro la nostra volontà, cosa che può essere devastante. In termini di miti, questa è l’energia della Gorgone e di Kalì. Se sia gli uomini che le donne si rendessero conto di possedere capacità profonde di distruzione, forse sarebbe possibile diventare coscienti e in grado di governare l’espressione di questa capacità.
Vicki: Proprio così! Ha a che vedere con la possibilità di valutare positivamente questi poteri primari a un livello psico-spirituale. Quando invece sono repressi, diventano non volontari e fuori controllo.
Joan: Forse è quella stessa vitalità che può rendere possibile entrare nelle zone sconosciute, saltare nell’abisso. Il fisico David Bohm e David Peat (1987) parlano del “coraggio, dell’energia e della passione” che possono aprire delle brecce nelle tendenze abituali del pensiero, cosa che è spesso molto difficile fare. Naturalmente, è necessario uscire completamente dai condizionamenti passivi per contribuire a una trasformazione personale e culturale.
Vichi: Se esiste qualche possibilità di una trasformazione personale e culturale, è in primo luogo necessario percepire lucidamente cosa sta succedendo senza porsi in una posizione di negazione. In questo mondo alla fine del secondo millennio, ciò significa, tra le altre cose, guardare direttamente in faccia la catastrofe ecologica. Il confronto reale è con la morte. Marija spesso ha parlato della dea della Morte.
Joan: Stiamo parlando del nostro rapporto con il potere della morte, ma Marija ha sempre legato la morte alla rigenerazione.
Vicki: Dopo aver descritto le devastazioni della fine di un grande ciclo, la Voluspa norrena, ovvero “la profezia della Sibilla”, ci ricorda che il mondo sarà “di nuovo verde pieno di cose in crescita” e che la terra uscirà dagli oceani una volta ancora per essere abitata dalla vita. Questa è una visione di rigenerazione che è simile all’immaginario trovato nelle arti e nei manufatti provenienti dall’Antica Europa che Marija ha descritto e interpretato.
Joan: La linea di fondo è che non possiamo sfuggire alla dissoluzione. Non ci è stata promessa l’immortalità in questa vita, ma soltanto che ritorneremo alla Fonte.
Vicki: Senz’altro giusto, ma abbiamo bisogno di fermare tutte le nostre attività per un momento e prendere coscienza della presenza della morte. La cultura occidentale è così piena di distrazioni. Abbiamo la possibilità di aprire i nostri cuori liberamente se realmente vogliamo permettere a noi stesse/i di essere toccati dalle cose che succedono. È allora che la rigenerazione può cominciare. Un tempo mi domandavo che cosa volesse dire Marija quando insisteva sul fatto che la Dea non era soltanto una nutrice, ma una Rigeneratrice!
Joan: Una cosa che occorre guardare con occhi ben aperti e in tutti i dettagli possibili è la terribile crisi ecologica che si sta sviluppando ogni momento di più, causata dall’ ignoranza e dall’avidità umana. Se occorre rigenerare una corretta connessione con la natura, tuttavia non penso che paure o angosce saranno la molla per capovolgere la situazione in cui siamo immerse/i. La domanda è: che cosa amiamo? Se la natura rimane una cosa astratta, soltanto uno sfondo, niente potrà essere fatto.
Vicki: Vero. Dobbiamo ri-metterci nella natura come parti della vita cellulare di tutto il mondo. Una volta ho fatto un sogno, ero su un’isola e c’era un’onda di marea che montava, e non c‘era nessuno che potesse fermarla. Tutte le persone che erano là si raccoglievano e cominciavano a cantare. È una metafora del mio lavoro. Penso che sia importante celebrare la vita senza negare le conseguenze delle nostre azioni e la nostra possibile estinzione. Al punto in cui siamo, potremmo non essere più in grado di apportare i cambiamenti necessari in tempo per salvare noi stesse/i. Ma riscoprire il senso dell’interconnessione potrebbe guarirci. Ciò è precisamente quel che è inciso nell’arte e nei rituali ancestrali degli antichi-europei e di altri popoli nativi. Incoraggio sempre le mie allieve e chi mi segue a raccogliersi insieme in modo comunitario, per cantare insieme in cerchi di guarigione, come i popoli primigeni hanno sempre fatto.
Joan: Il saggio di Anna Ilieva e Anna Shturbanova contenuto in questo volume sulle antiche danze rituali in Bulgaria descrive delle bellissime tradizioni cerimoniali che favorivano una vibrante partecipazione delle comunità umane ai cicli del mondo naturale. L’Occidente ha bisogno di queste tecniche del sacro. Così tanta parte del potere della realtà mitica è andata perduta. Ma bastano il tenersi per mano e la più semplice danza in cerchio e qualcosa di profondo viene evocato. Marija aveva compreso il significato di queste ricche tradizioni culturali quando descrive l’Antica Europa come una vera civiltà in termini di estetica, spiritualità e qualità della vita.
Vicki: Si, dobbiamo ritornare a vivere nei nostri corpi e a sentire le nostre connessioni con le piante e gli animali e tra di noi. La modalità razionale e scientifica ha il suo spazio, ma è molto importante esercitare le nostre capacità di visione, i nostri istinti e le nostre intuizioni.
Joan: Marija ha parlato dell’importanza di avere una visione. In un recente articolo, Susan Griffin ha scritto che la visione è un’attività collettiva e che è richiesta l’immaginazione per liberarci dai vecchi schemi mentali. Immaginare non è semplicemente vedere ciò che ancora non esiste, è anche un profondo atto di creatività per vedere ciò che è. Griffin sottolinea che ogni importante movimento sociale per prima cosa riconfigura il mondo nella sua immaginazione ed è da queste nuove maniere di vedere che emerge la speranza di un futuro (Griffin, 1996). Immaginare valori diversi, spostare la nostra attenzione dagli oggetti alle relazioni, ad esempio, può avere significati profondi.
Vicki: Spostarsi dagli oggetti alle relazioni potrebbe incidere sul materialismo crescente che dà valore alle cose invece che alle persone e alle altre forme di vita. Questo spostamento potrebbe anche essere in linea con la partnership etica di Riane Esler, in cui “connessione” è una capacità relazionale a cui viene dato un valore superiore rispetto allo “stare nell’ordine” proprio delle strutture di potere e altamente valutato dalle culture del dominio.
Joan: Anche le strutture di potere sono configurate come immaginario condiviso dalle persone, altrimenti non potrebbero conservarsi. Ogni persona ha la scelta di legittimare o negare il suo sostegno a qualsiasi tendenza o istituzione. La domanda è: quale tipo di mondo vogliamo creare? Che cosa abbiamo dentro noi stesse/i che vogliamo prenda forma nel mondo?
Vicki: Marija ha sostenuto l’idea della partnership, e non quella dei sistemi di dominio.
Joan: Ho pensato molto alla profezia che la madre di Marija le fece quando era ancora bambina, che cioè avrebbe realizzato qualcosa che avrebbe aiutato le persone a non ammalarsi. Tu cosa pensi che possa significare?
Vicki: Per un verso, Marija ha mostrato che non è nella “natura umana” fare la guerra e usare la violenza come centro della nostra realtà. È una trasformazione già soltanto sapere che esistono delle alternative per la cultura umana. Ha anche resuscitato la memoria del fatto che i popoli originari europei vivevano in un modo molto più pieno, che forse saremmo capaci di sperimentare di nuovo.
Joan: In The Reenchantment of Art (1991), Suzi Gablik ha scritto che per iniziare la guarigione dobbiamo “trovare i modi per far riaffiorare la memoria archetipa, che ha preceduto la perdita della nostra integrazione nella natura” (Gablik1991:43). Forse questa è una chiave per portare a compimento la profezia della madre di Marija. Le idee hanno la potenzialità di nutrire l’immaginario delle persone, che influenza il nostro modo di vivere e ciò a cui diamo valore e creiamo per le future generazioni.
Vicki: È proprio questo il modo in cui Marija continua ad ispirare la mia vita e il mio lavoro. Per avere una visione positiva per il futuro, dobbiamo ricordare la nostra eredità originale che proviene dal regno delle nostre Antenate e Antenati, che costituisce la base della nostra unione con la natura. È nel nostro DNA. E ora, grazie a Marija, è anche parte del nostro discorso culturale.
Riferimenti
- Bohm David J. e Peat David – Science, Order and Creativity. A dramatic new look at the creative roots of Science and Life – New York – Bentam Books – 1987;
- Gablik Suzi – The Reenchantment of Art – New York – Thames e Hudson – 1991;
- Griffin Susan – “Can Imagination save us?” – in Utne Reader – 1996 July-August.
Tratto da Joan Marler – From the Realm of the Ancestors. An Anthology in Honor of Marija Gimbutas – Knowledge, Ideas and Trends Inc., 1997 – Postfazione al volume.
Traduzione di Luciana Percovich e Alberto Castagnola.