Nel giardino della Dea, le sepolture di Masseria Candelaro (Foggia)

Nel giardino della Dea, le sepolture di Masseria Candelaro (Foggia)

di Filomena Tufaro

Tratto da Marija Gimbutas Vent’anni di studio sulla DeaAtti del Convegno omonimo – Roma 9-10 maggio 2014 – Progetto Editoriale Laima – Torino

A Masseria Candelaro, un villaggio neolitico del tavoliere foggiano, sono venute alla luce diverse sepolture, tra cui quelle di tre donne deposte all’interno di profondi silos (è innanzitutto interessante che un luogo originariamente utilizzato per la conservazione dei cereali venga riutilizzato con funzioni sepolcrali).
La prima tomba accoglie due donne, una di 15/17 anni, l’altra di più di 50 anni, recante sul torace un punteruolo in osso ricavato da tibia di ovicaprino.
Associati alla sepoltura sono stati rinvenuti semi di erba perla minore. Annoverata tra le piante infestanti dei cereali, è nota anche per le sue proprietà medicinali e medicamentose. In epoca storica, gli infusi di erba perla venivano suggeriti quali rimedi per l’espulsione dei calcoli renali, e, soprattutto, per facilitare il parto.
La seconda tomba accoglie una donna di 30/40 anni. La giacitura dello scheletro indicava che la donna era stata deposta in un ambiente libero, non colmato da riempimenti terrosi, dovuti a crolli successivi. Dunque, lo spazio destinato all’inumata era davvero molto ampio, dato che potrebbe indiziare una particolare enfasi attribuita alla deposizione. Il corredo funebre era costituito da una ciotola nero lucida e una brocca e, dato ancora una volta molto suggestivo, semi di piante spontanee: silene, iperico, verbena. Questa volta non siamo di fronte a infestanti dei cereali, ma piante tipiche di ambienti prativi, tutte caratterizzate da fiori colorati.
Anch’esse possiedono importanti proprietà medicinali, e dunque la loro presenza potrebbe non essere occasionale, ma avere un importante significato, sia in merito alla conoscenza che le donne avevano delle virtù di certe erbe e di certi fiori, sia al significato simbolico ad esse legato.
Alla verbena, detta anche erba sacra, cui gli antichi attribuivano proprietà prodigiose, Momolina Marconi dedica pagine di grande interesse. Il termine è costituito dalla radice verb- e da elemento derivativo -ena, elemento derivativo di grande fortuna in seno alle popolazioni mediterranee, al punto da poter indicare Creta come uno dei centri antichi di espansione egea del morfema. Un termine dunque in cui vedere sia per l’elemento radicale sia per l’elemento derivativo, un vocabolo di sostrato mediterraneo. C’è da aggiungere che la verbena è detta in greco oltreché ιερά βοτάνη (erba sacra), anche περιστερά (colomba), περιστερεών (colombaia), τρυγόνιον (tortora), nomi tutti che ne mostrano lo stretto rapporto con la colomba, l’uccello afrodisiaco caro alla grande dea mediterranea. Un nome comune di questa pianta è erba colombina; in Spagna le verbene sono feste popolari: tra le più celebri c’è quella celebrata a Madrid per la Madonna della Colomba.
Ma sempre da Momolina Marconi traggo un’altra immagine, che ci riporta all’innocenza primaria della Potnia, quando a proposito di Morgana scrive: “Mi piace pensare la bella tra le belle negli ozi meridiani intenta, con le compagne, a cogliere e a intrecciar fiori, non più per scopi letali o salutari, ma solo per comporre leggiadre corone; in questo momento ogni artificio cede di fronte all’immediato godimento della natura”.
Questi fiori sono dunque il mio dono a Marija Gimbutas: la silene aperta fino a sera per le farfalle notturne, l’iperico che illumina la terra al solstizio, la verbena sacra alla Dea, che Marija ha reso così vivida ai nostri occhi e il cui recupero non può non tradursi in un recupero della natura stessa.

Filomena Tufaro

Tratto da Marija Gimbutas Vent’anni di studio sulla DeaAtti del Convegno omonimo – Roma 9-10 maggio 2014 – Progetto Editoriale Laima – Torino


Bibliografia

  1. Maria Bernabò Brea – “Una statuina femminile da un contesto funerario neolitico nel parmense” – in Rivista di Scienze Preistoriche – LVI 2006 – pp. 197-202;
  2. Maria Bernabò Brea – “Riflessione sulla circolazione di elementi immateriali nell’Europa Neolitica” – Congrés Internacional  Xarses al Neolìtic – Neolithic Networks Rubricatum. Rivista del Museu de Gava – 5 – 2012 – pp. 487-497;
  3. Maria Bernabò Brea, Maria Maffi, Paola Mazzieri e Loretana Salvadei – “Testimonianze funerarie della gente dei Vasi a Bocca Quadrata in Emilia occidentale” – Archeologia e antropologia – in Rivista di Scienze Preistoriche – LX – 2010 – 63-126;
  4. Selene Maria Cassano e Alessandra Manfredini – Masseria Candelaro. Vita quotidiana e mondo ideologico in un villaggio neolitico sul Tavoliere – Foggia 2005;
  5. Anna De Nardis (a cura di) – Da Circe a Morgana. Scritti di Momolina Marconi – Venexia 2009;
  6. Marija Gimbutas – La Civiltà della Dea – Vol. 1-2 – Stampa Alternativa/Nuovi Equilibri 2012;
  7. Paola Mazzieri, Renata Grifoni Cremonesi, Marta Colombo e Maria Bernabò Brea – “Contatti e scambi tra la cultura Serra d’Alto e i Vasi a Bocca Quadrata: il caso delle ollette tipo San Martino” – Congrés Internacional  Xarses al Neolìtic – Neolithic Networks Rubricatum. Rivista del Museu de Gava – 5 – 2012 – p. 351-361;
  8. Momolina Marconi – Riflessi mediterranei nella più antica religione laziale – G. Principato – Milano 1939.
Print Friendly, PDF & Email