Statuina di Parrano (TR)

La scheda è stata curata da Elvira Visciola

Statuina di Parrano (TR)

La scheda è stata curata da Elvira Visciola


Si tratta di una piccola statuina scolpita su un pezzo di steatite di colore verde, raffigurante una figura femminile con la testa fasciata da un copricapo, visibili gli occhi, il naso e la bocca, che sembra custodire in grembo un feto e al di sotto del ventre il simbolo della vulva a forma di “V”; molto particolare è anche la rappresentazione della terminazione delle gambe, assomigliano a zampe di rana.

Il reperto risale al Paleolitico Superiore ed è stato rinvenuto in un luogo suggestivo denominato “Tane del Diavolo”, grotte dove sono state ritrovate tracce di rituali arcaici, come ceramiche incise ed excise rotte, focolari con resti di cereali e animali carbonizzati (marmotte e stambecchi), che hanno consentito la datazione del sito ed hanno fatto ipotizzare che queste grotte fossero utilizzate come luogo di culto preistorico, con offerte e doni alla “Madre Terra”, come degli ex-voto.

Un’interessante ipotesi è quella che fa risalire il nome del sito, “Tane del diavolo”, ai riti che qui vi si svolgevano; sembrerebbe che originariamente queste fossero le grotte della Venere, divenute, durante i periodi oscuri del Cristianesimo, le grotte del diavolo per screditare i luoghi sacri degli antichi culti; sono circa 20 grotte carsiche, sviluppatesi lungo una stretta gola denominata Fosso del Bagno Minerale, per la presenza di una sorgente di acqua minerale utilizzata sin dall’antichità per bagni termali. Ritornando all’analisi della statuina, esistono pochi studi che consentono di stabilire le caratteristiche del ritrovamento; volendo trovare analogie con altri reperti si può fare riferimento alle statuine su pietra verde raffiguranti la dea del parto a forma di rana, indicate da Marija Gimbutas con un simbolismo rigenerativo derivante dal loro ambiente acquatico. “… La vita umana incomincia nel regno acqueo di un utero di donna, così per analogia la dea era la sorgente di tutta la vita, umana, vegetale e animale. Essa regnava su tutte le fonti d’acqua: laghi, fiumi, sorgenti, pozzi e nuvole di pioggia … L’habitat di questi esseri costituiva un’analogia con il liquido amniotico, quel regno acqueo uterino dove ha luogo la rigenerazione … L’arte neolitica ha modellato migliaia di ibridi donna-rana. In molti siti neolitici, gli artigiani scolpivano piccole dee a forma di rana su pietra verde o nera e le ponevano in rilievo sui vasi o sulle pareti dei templi. La presenza della vulva divina accentua la forza rigenerativa di queste immagini … L’immagine della rana e del rospo, insieme con la donna a forma di rana che mostra la vulva, si diffonde lungo un ampio arco di tempo e non solo nel neolitico europeo e anatolico, ma anche nel Medio Oriente, in Cina e nelle Americhe … La concezione di questa immagine può essere ricondotta addirittura al paleolitico superiore, dal momento che ossi con incise donne-rana compaiono nell’era magdaleniana … La dinamica perisstenza della dea-rospo fornisce la spiegazione a un’immagine di epoca storica affatto misteriosa: l’“impudica” Sheela na gig che compare su edifici in pietra in Inghilterra, Francia, Irlanda e nel Galles, seduta, nuda, con le gambe di rana spalancate, e con le mani sulla vulva. Queste figure furono scolpite su castelli e chiese tra il dodicesimo e il sedicesimo secolo. Le si possono vedere di solito sulle arcate d’ingresso o sulle pareti delle chiese. Entrambe le mani della Sheela na gig indicano la zona genitale o ne tengono divaricate le labbra. Alcune sculture presentano volti spaventosi o anche teschi di scheletro. La Sheela na gig è ancora molto venerata, ma la sua presenza, è ovvio, è avvolta nel mistero. Non può che essere la discendente dell’antica dea-rana, la grande rigeneratrice…” (M. Gimbutas – Le dee viventi – Medusa 2005).

Note storiche

La statuina è stata ritrovata nell’800 da Cesare De Sanctis, dottore in scienze agrimensorie con la passione per le ricognizioni archeologiche. Per circa un secolo la statuina rimase all’interno di una cassa fino a che l’avvocato Vittorio De Sanctis, custode dei reperti di famiglia, sottopose il reperto alla Sovrintendente per i Beni Archeologici dell’Umbria, l’archeologa Maria Cristina De Angelis, che riconobbe l’importanza del ritrovamento.

SCHEDA

Nome

Statuina di Parrano (TR)

Oggetto

Statuina femminile

Cronologia

La statuina è datata al Paleolitico Superiore, così come gli altri reperti che sono stati trovati all’interno delle Tane del Diavolo, motivo per cui si suppone che il luogo fosse adibito a pratiche religiose

Località del ritrovamento

Tane del Diavolo nel Comune di Parrano – Provincia di Terni

Regione

Umbria

Contesto ambientale

Grotte

Reperti esposti

I reperti ritrovati alle Tane del Diavolo sono per la gran parte conservati nel Museo Archeologico di Perugia, mentre per la statuina, che attualmente è chiusa nella cassaforte del Palazzo del Comune di Parrano, si sta pensando di aprire ed allestire una sala al piano terra dello stesso Palazzo

Stato di conservazione

Buono

Condizione giuridica

Proprietà Comune di Parrano

Bibliografia

  1. Marija Gimbutas – Le dee viventi – Medusa 2005.