La caverna
Grotta di Peche-Merle (ph. E. Visciola)

La caverna, utero della Dea Madre

Tratto da: Anne Baring e Jules Cashford – IL MITO DELLA DEA – Le origini: la Dea Madre paleolitica – Venexia ottobre 2017

Poco più di cent’anni fa, nessuno sospettava che ci fosse vita umana, al tempo in cui i lanosi mammut pascolavano sulle distese ghiacciate che coprivano molta Europa e Asia. Poi arrivarono le stupefacenti scoperte delle grotte paleolitiche del nord della Spagna e del sudovest della Francia: per prima Altamira (1879), poi La Pasiega (1911), Le Trois Frères (1912), Tuc d’Audoubert (1914), Niaux, Les Combarelles, Pech-Merle (FIGURA 1) e Lascaux (1940), per citare solo le più conosciute. … Lo scavo a El Castillo, nel nord della Spagna, ad esempio, mostra che, prima del periodo interglaciale Riss-Wurm, nel 186.000 a. C. circa, qui visse l’Uomo di Neanderthal (Homo sapiens neanderthalensis), che precedette l’Uomo Moderno (Homo sapiens sapiens). Nel secolo scorso la scoperta di più di cento caverne decorate ha capovolto le precedenti teorie di un essere umano unicamente guerriero e cacciatore.

Figura 1 – Grotta di Peche-Merle

Nelle grandi caverne del sud-ovest della Francia, attraverso l’arte e i rituali che vi si svolgevano all’interno, si racconta la storia di una grande Dea primordiale. Le grotte paleolitiche sembrano essere state i luoghi più sacri, i santuari della Dea e la fonte del suo potere rigenerativo per almeno 20.000 anni (dal 30.000 al 10.000 a.C.). Entrare in una di queste caverne è come fare un viaggio in un altro mondo, all’interno del corpo della dea. Per coloro che vivevano in un mondo sacro, la forma della grotta vuota simboleggiava l’utero che tutto contiene, che dà alla luce e che riaccoglie il morto. La caverna come luogo di metamorfosi era il collegamento obbligato, tra passato e futuro, per le donne e gli uomini che vivevano nella sua area più vicina all’accesso e tenevano i loro riti nelle profondità del santuario interno. …

Gli animali

La differenza più sorprendente tra la sensibilità del Paleolitico e la nostra sta nello stupore e nella venerazione che queste popolazioni primitive tributavano agli animali. All’inizio della tradizione giudaico-cristiana viene detto agli esseri umani di “riempire la terra e soggiogarla: dominare sopra i pesci del mare e su tutti gli uccelli e il cielo e sopra tutti gli animali che si trovano sopra la terra” (Genesi 1 :28). Un tale isolamento dalla terra e dagli animali, dagli uccelli e dal mondo marino sarebbe stato sacrilego nel Paleolitico, dove gli animali erano sacri, maestri delle leggi fondamentali che dominavano tanto il mondo animale quanto quello umano. Nell’arte delle caverne è l’animale che regna sovrano, squisitamente e accuratamente disegnato, brillantemente colorato e vivacemente vivo. …

Qual era la natura del legame tra umani e animali che in quest’arte è così toccante? Quando il ghiaccio era al suo massimo spessore e la terra una tundra gelata, solo la carne poteva dare sostentamento, e per questo le tribù paleolitiche dovevano cacciare gli animali per sopravvivere; di questi venivano usate anche le pellicce e le pelli, che fornivano calore, protezione e indumenti. Le loro ossa, zanne, corna e palchi davano materiale da trasformare in attrezzi e su cui scolpire e dipingere le immagini sacre; rifornivano gli strumenti per computare il passaggio del tempo e gli aghi con cui cucire le loro vesti. Le ossa, i denti e gli artigli venivano trasformati in collane, mentre il grasso diventava olio per lampade. Probabilmente gli animali venivano considerati un’incarnazione del potere divino, un regalo della vita alla tribù, e forse venivano percepiti come il potere generativo della Dea, che garantiva loro la continuità della vita.

… Nel santuario di Les Trois Frères ci sono dalle 300 alle 500 incisioni di animali, sovrapposti gli uni agli altri. A Lascaux ci sono 2000 incisioni e disegni, alcuni dei quali antichi di 30.000 anni, sebbene la maggior parte risalga al periodo magdaleniano (15.000-10.000 a.C.). …(FIGURA 2).

Figura 2 – Grotta di Lascaux (ph. Prof Saxx, 2006)

A Les Trois Frères si trova la stupefacente incisione di un orso ferito. Il suo corpo è ricoperto di minuscoli cerchi, mentre dardi e aste perforano i suoi fianchi e dalla bocca fuoriesce il sangue. La raffigurazione è stata spesso considerata parte di un rito di caccia in cui l’orso è dipinto con le ferite che si speravano tali da assicurare il successo della caccia, un precoce esempio di desiderio-realizzazione magica. Talvolta vi si aggiunge un’ulteriore concetto: che la pittura fosse essa stessa un rito propiziatorio laddove ci si pacificava con la collera dell’animale, consentendo alla tribù di prendere la sua vita senza timore di un castigo. La spiegazione totalmente non religiosa di questi tipi di interpretazione dovrebbe metterci in allarme riguardo la loro inadeguatezza. D’altro canto, se l’atto di prendere una vita era considerato come la rottura di un ordine sacro, la raffigurazione sacrificale dell’orso doveva rappresentare due scopi: preparare la tribù all’enormità dell’uccisione dell’animale e, allo stesso tempo, chiedere con onore all’animale stesso il permesso di essere ucciso. In quest’ultima interpretazione il dipinto è un atto etico che onora il legame tra umani e animali e il loro legame con il tutto, mentre nel primo tipo di interpretazione essa è un mero espediente di sopravvivenza. …

La relazione tra cacciatore umano e animale cacciato è alquanto complessa e si riflette nell’arte del Paleolitico Superiore, dove nessuna figura umana raffigurata con gli animali porta con sé delle armi, mentre molte indossano una sorta di abito da cerimonia, reggono oggetti simbolici oppure sono dipinte nude o ricoperte con pelli di animali. …

Lo sciamanesimo

…Attraverso i viaggi nella trance, sciamani e sciamane visitavano una dimensione inaccessibile alla coscienza ordinaria della tribù, credendo che il mondo vivente visibile poggiasse su quello invisibile. Il loro scopo era quello di dare un senso infinitamente più profondo al ciclo umano di crescita, fioritura e decadimento. Potevano trasmettere la consapevolezza che l’animale viveva ancora nei più antichi e profondi ricordi umani, e da lì convogliare la sua saggezza nel rito sacro. I Paleolitici, vivendo tra gli animali, sapevano … che gli animali hanno poteri superiori. Sapevano vedere e trovare la strada nel buio. Sapevano come riconoscere il pericolo. Avevano una forza immensa, agilità, occhi e orecchi miracolosamente percettivi. I doni sciamanici erano simili a quelli degli animali: rendevano capaci di “vedere al buio”, cioè più lontano e più intensamente della maggior parte della tribù. …

In alto, sopra la folla di animali, a Les Trois Frères, emerge una figura grande e impressionante detta lo “Stregone” o il “Maestro degli animali” (Figura 3) …

Figura 3 – Sciamani di Les Trois Frères (ph. Doctor Suckling, 2014)

Alta 76 centimetri e larga 38, è l’unica pittura dell’intera camera a essere stata dipinta (in nero), stagliandosi su tutte le altre. Potrebbe essere l’animale-sciamano, posto lì per offrire insegnamenti sul mondo animale alla tribù, e fonte della figura che divenne “Il Signore degli Animali Selvatici”. Solo i piedi che danzano sono decisamente umani. L’insieme del dipinto confonde il limite tra umano e animale, lasciandoci nel dubbio che si tratti di un animale con piedi umani o di un umano vestito da animale. Ha gli occhi larghi e tondi di un leone o di un gufo, i palchi e le orecchie di un cervo maschio e le due zampe anteriori di un leone o di un orso sollevate. Ha i genitali di un felino e la coda di un cavallo o di un lupo. La “barba” fluente assomiglia a una criniera e appare umana solo per via dello sguardo arcano degli occhi che incornicia. La cosa più stupefacente di questo magnifico essere simile a un dio è la sua espressione, che sembra guardare fisso oltre il nostro sguardo, quasi attratto da una dimensione misteriosa. È l’animale antenato, l’anima della tribù, oppure l’immagine incarnata della nostra umanità animale? I suoi piedi sono piantati nel terreno, consentendogli di stare eretto, una delle caratteristiche che ci distingue dagli altri animali. Sebbene sembri danzare, il suo volto è calmo, come se ci chiedesse di entrare nel significato del suo mistero – forse il paradosso di essere umani e tuttavia animali? …

Senza l’arte non ci sarebbe modo di immaginare il passato. “Il mezzo sguardo gettato all’indietro, oltre le spalle, verso il primitivo terrore”, che un tempo era l’atteggiamento generalmente assunto verso le nostre antenate e i nostri antenati primitivi, deve essere completamente rivisto alla luce dei magnifici dipinti sulle pareti delle caverne. La nostra visione della storia e ogni concezione di un idea puramente lineare del corso dell’evoluzione della natura umana è perciò infinitamente complicata dalla scoperta che donne e uomini del Paleolitico fossero artiste/i straordinariamente raffinati, oltre che cacciatori-raccoglitrici “primitivi”.

L’artista e la/lo sciamana/o erano probabilmente la stessa persona, come gli artisti da sempre affermano. Attraverso il magico potere di ricreare gli animali sulle pareti delle caverne, essi mettevano in relazione la tribù con la sorgente della vita che animava esseri umani e animali, diventando veicoli di quella sorgente, creatori delle forme di vita come la loro fonte stessa. … FIGURA 4.

Figura 4 – Scultura di bisonte dalla caverna di La Madeleine (ph. E. Visciola)

Tratto da: Anne Baring e Jules Cashford – IL MITO DELLA DEA – Le origini: la Dea Madre paleolitica – Venexia – ottobre 2017

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