di Andrea Di Giovanni
Prevenire è meglio che curare. Mi sembra quasi scontato iniziare con questa considerazione. Una frase fatta però può far capire tante cose o per lo meno rende più accessibile un concetto.
Il lavoro di tutela e valorizzazione non è uno scherzo. La fruizione è funzionale alla conoscenza. E deve essere non solo possibile ma coinvolgente. A tutti è capitato di notare che si ricordano più facilmente le parole di quella canzone o di quel ritornello sentito alla Tv piuttosto che nozioni complesse. Ciò accade perché collegare un concetto ad un sentimento, positivo o negativo, aiuta a fissarlo nella testa.
Detto ciò, perché chi deve mantenere, nel tempo, non tiene a mente proprio questo! Non è una questione di ministeri o enti, io parlo della coscienza collettiva, di quel maledetto bias che ci fa pensare che “Ci sono questioni più urgenti da risolvere” come se concentrare tutta una popolazione su un unico problema fosse costruttivo.
Educare significa lasciare un’eredità inesauribile, educhiamo quindi al mantenimento.
Voi sapevate che Ettore domatore di cavalli, principe della Troia omerica, primo figlio del re Priamo, è il personaggio che, nella narrativa più rappresenta questo concetto?
Omero (o chi per lui) lo denominano Ettore, che significa “colui che regge, che mantiene, che conserva”.
Contro ogni volontà divina lotta nel poema epico dell’iliade per mantenere lo splendore della sua città con coraggio e paure, con vittorie ed errori.
La sua storia è un emblema, perché alla fine perderà la vita e Troia verrà conquistata. Ma nelle storie il concetto portato al limite serve ad insegnare.
Per la manutenzione del patrimonio archeologico ci vuole visione a lungo raggio e progettazione, ma non solo, la manutenzione deve essere anche e soprattutto di quel sistema che si occuperà del lavoro sul campo.
Bisogna tornare ogni tot di anni in quel comune, o in quella associazione, fare progetti, cambiamenti se necessario, continue attività per ribadire l’ovvio valore del monumento, perché l’essere umano dimentica tutto, anche e soprattutto l’ovvietà delle cose.
Non diamo per scontato il valore della ripetizione. Sapevate che in Abruzzo abbiamo tantissime grotte con presenza archeologiche e pitture rupestri? No, ma fino a 20/30 anni fa professionisti consapevoli si sono occupati di scavarle, studiarle e musealizzarle ma poi? Chi è venuto dopo ha dimenticato tutto?
Caso emblematico è quello della Grotta del Colle di Rapino, organizzata con percorsi, pannelli e generatori per illuminare l’interno…e adesso è tutto divelto e anche relativamente difficile da raggiungere.
Le amministrazioni comunali si chiedono quanto importante sia il patrimonio che hanno all’interno dei loro confini e di come sarebbe funzionale per tutti sfruttarlo?
Vogliamo parlare dei parchi archeologici? In Abruzzo abbiamo delle meravigliose necropoli, uniche in Italia nel loro genere: sono fruibili a tratti. Fossa viene tenuta aperta nei fine settimana estivi dall’associazione ‘Semi sotto la Pietra’ e Campovalano, che fino a poco tempo fa aveva orari di aperture per tutta la settimana grazie ai dipendenti della Soprintendenza ora, a causa del pensionamento di questi ultimi senza ricambio del personale, subirà lo stesso trattamento.
Il nostro patrimonio, soprattutto quello che ci identifica di più e ci distingue a livello identitario è chiuso o impossibile da visitare e spesso da capire.
Quindi chi siamo senza poter ricordare e trasmettere la grandezza della nostra identità?
Dott.ssa Andrea Di Giovanni
(fonte: lacittamagazine.it)